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Vivere l’isolamento: i consigli di un monaco

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Bérengère Dommaigné - pubblicato il 21/04/20
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Anche se ci sono molti esperti in materia, monaci e monache hanno optato per questo stile di vita liberamente e con cognizione di causa. Abbiamo avuto l’opportunità di chiedere a uno di loro qualche consiglio per vivere meglio questo periodo inedito, che dev’essere sinonimo non di passività, ma di disciplinaAnche nell’abbazia di Saint Wandrille, nel nord della Francia, si vive l’isolamento. Il negozio ha chiuso i battenti, gli ultimi ospiti se ne sono andati qualche giorno fa e i monaci, per pregare insieme, occupano un posto su due nel coro, a disposizione di quinconce e su quattro file anziché due.

Al momento, però, non ci sono malati in questa comunità di trenta frati tra i 24 e i 93 anni. Secondo quanto ci ha detto uno di loro, “per noi non è cambiato molto, tranne forse per le passeggiate fuori dal chiostro che avremmo dovuto fare a metà della Quaresima”.

“E poi, in un monastero, tutto si fa nello stesso luogo. La Regola di San Benedetto ha previsto tutto, anche confinati. Abbiamo un chiostro di 14 ettari, grandi corridoi, un refettorio maestoso…” Sembra facile, allora, rispettare la distanza di “un metro”.

Abitare il tempo…

CATHEDRAL OF SAINT JOHN OF LYON

Public Domain

 

Quali sono secondo i monaci i segreti per vivere un “buon” isolamento? “L’isolamento è un apprendimento, bisogna abitare il tempo, viverlo nell’istante e non permettere che fluisca in modo informe”, ha spiegato il monaco di Saint Wandrille.

Nella vita dei monaci è piuttosto facile implementare tutto questo con l’aiuto di una vita caratterizzata dal ritmo degli uffici. “Dio è nell’istante presente, anche in tempi di crisi!”

Per altri confinati, però, bisogna imparare a vivere il momento presente, e questo è il primo pilastro della vita isolata.

“Concentrarsi su quello che si sta facendo, sull’istante, e quando il momento è passato fermarsi per passare a un’altra cosa è un modo costruttivo” di passare il tempo.

… con disciplina

PHONE

Warren Wong | Unsplash

Il secondo pilastro della vita in isolamento è la disciplina. “Paradossalmente, un tempo di isolamento può essere un periodo di dispersione e ansia, soprattutto nelle reti sociali, che consumano tanto tempo”.

Sorprende sentir parlare questo monaco, “isolato dal mondo” da dieci anni, che spiega con chiarezza e profonda conoscenza il mondo di Facebook, Twitter e Instagram, dove tanti di noi sprecano il proprio tempo.

“La libertà interiore può essere sterminata per la vacuità di Internet come anche per l’assenza di disciplina”. Bisogna quindi stabilire una gerarchia stabilendo cos’è importante e non sviandosi con quello che ci allontana da questo.

L’uomo deve continuare ad essere padrone di sé, accettare la sua debolezza, ma anche dominarsi.

Tornando agli schermi che sembrano a tutti noi indispensabili per non essere isolati dal mondo in questo periodo di confino, possiamo usarli, ma con criterio.

“Il Rosario in diretta con il Papa sulla pagina web del Vaticano non è tempo perso! Ma sono 30 minuti, non tre ore aggiornando la pagina di Twitter…”.

Il rapporto con il tempo è la vera sfida di questo isolamento – trovare una disciplina, dividendo il tempo in anticipo per dare ritmo alla giornata…

“Questo isolamento può essere un’opportunità per fare le cose in un altro modo, per ripensare alle priorità della vita” e porsi domande pertinenti, come “Quali abitudini ho, e quali potrei acquisire
ora?”

Rimanere nella comunione

DAMIANO,FRIAR

Mario Laporta | Kontro Lab

L’altra necessità sottolineata da questo isolamento è che le persone siano in comunione. “L’isolamento influisce il nostro desiderio di sociabilità, un desiderio che va coltivato”.

Ancora una volta, niente vale più del contatto umano, anche in questo momento. Ne sono prova le tante iniziative creative tra vicini e fedeli.

Conviene infine sapere che anche gli eremiti si impongono una disciplina diaria, e per quanto riguarda la comunione con gli altri la vivono attraverso l’unione mediante la preghiera.

Il segreto è questo: vivere in comunione con gli altri, per quanto possano essere lontani. E anche pensare a chi vive “la doppia pena”, come i senzatetto. “Non trascuriamo mai la forza della preghiera e la comunione con i santi”, ha concluso il monaco francese.

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