Ha lavorato coi più grandi direttori d’orchestra ed ha calcato con la sua voce le più grandi scene del mondo. Il baritono Thierry Félix è stato ordinato prete per la diocesi di Vannes il 23 giugno 2019, ed ha raccontato ad Aleteia il suo percorso atipico, da cantante di fama fino alla chiamata decisiva al sacerdozio. Una chiamata che, inconsciamente, è sempre stata presente dentro di lui.
Anche la musica, come la vocazione sacerdotale, non è stata una cosa scontata per Thierry Félix. Nato in una famiglia di non-musicisti, non ha sentito da subito il desiderio di diventare cantante. Fu all’età di 16 anni, quando un’amica gli fece scoprire il pianoforte, che scattò il vero colpo di fulmine.
Ero ossessionato dal piano, stavo sempre a suonarlo ed è risultato che avessi un grande talento con quello strumento.
Un giorno, mentre si applicava al corale “Jesu bleibet meine Freude”, di Johann Sebastian Bach, restò soggiogato dalla bellezza di quella musica:
Quel giorno feci una promessa al Signore. Gli dissi: «Se mi promettete che sarò musicista, abbandonerò tutto e non mi sposerò mai».
Senza dubbio un segno precursore della sua futura vocazione – avrebbe poi valutato, a posteriori.
Dopo il diploma, Thierry Félix si iscrisse a Scienze Politiche, ma senza giungere a sentirsi al proprio posto. Cambiò strada e si rivolse agli studi di Musicologia alla Sorbona, continuando nel frattempo a frequentare il Conservatorio. La sua futura carriera da cantante si rivelò finalmente quando gli si presentò l’occasione di un’audizione per un coro:
La direttrice del conservatorio è stata impressionata dalla mia voce e mi ha consigliato di perseverare. In quel momento ho davvero sentito di aver trovato la mia vocazione. Io, asmatico e timido, all’improvviso ero a mio agio cantando. Ero nel mio elemento, stavo bene!
A seguire, tutto s’è concatenato fluidamente: Félix cantò in numerose chiese parigine, entrò al Conservatorio Nazionale di Parigi e interpretò le più grandi opere del repertorio sacro. Divenne un solista baritono di fama, e la sua carriera decollò davvero quando, nel 1992, ricevette il primo premio al concorso internazionale di canto della regina Élisabeth del Belgio. Una data importante che segna l’inizio della sua carriera internazionale. Per vent’anni egli percorse i più grandi teatri del mondo, ottenne i ruoli più prestigiosi all’Opera e incise numerosi dischi. Una bella carriera fino al 2009, anno in cui la fede irruppe a scuotere in profondità la sua vita.
Credente fin dalla più tenera età, Thierry Félix non era però cresciuto in una famiglia cattolica. Nato da un padre ateo e da una madre credente ma non praticante, il giovane non aveva ricevuto il battesimo e mai aveva messo piede alla messa, malgrado la sua attrazione per le chiese.
La fede era presente: leggevo il messalino di mia madre, recitavo preghiere e accendevo candele nelle chiese, ma era tutto qua. La mia fede si è consolidata grazie alla musica. Cantavo molto repertorio sacro, e questa musica era per me trascendente, mi legava veramente al Signore. Non foss’altro che per il solo inspirare, far vibrare le corde vocali… nel canto c’è un’incarnazione! È una continua preghiera che s’innalza a Dio.
Col passare del tempo, il cantante prese a frequentare sempre più le chiese, a recitare il rosario… senza però ancora andare a messa.
All’età di 37 anni, mentre faceva un viaggio in Svizzera con un amico, quest’ultimo gli disse che la domenica mattina non lo avrebbe potuto accompagnare perché sarebbe andato a messa. Una risposta che lo interpellò. Scosso da questa confidenza, il cantante decise di andare anch’egli a messa, nella cattedrale di Saint-Gall, per la prima volta in vita sua.
Sono stato trasportato… e da quel giorno sono sempre andato a messa. E ogni volta mi comunicavo, ché non sapevo [lo confessa con una risata, N.d.R.] bisognasse essere battezzati!
Al suo ritorno a Parigi, frequentò la chiesa di Sainte Clotilde e apprese che ci sarebbero voluti tre anni prima di poter fare la comunione. Il suo spirito ribelle si rivoltò:
Mi pareva impossibile fare quel percorso triennale, con tutti gli spostamenti che la mia carriera di cantante esigeva. Decisi allora di passare oltre, perché ero persuaso che solo la fede contasse. Continuai dunque ad andare a messa e a comunicarmi in tutta coscienza.
Dopo un tempo di discernimento, Félix comprese quanto fosse importante affermare la propria fede cattolica e accettò l’idea di farsi battezzare. Un cammino che procedeva di pari passo col suo desiderio di mettere radici più personalmente. S’installò a Belle-Île-en-Mer e comprò una casa, aprendo così un nuovo capitolo della sua vita.
Sono andato a trovare il parroco di Belle-Île e gli ho raccontato la mia storia. Mi ha subito spalancato le braccia e ha deciso di battezzarmi pochi giorni dopo, durante la veglia pasquale. Un battesimo express che il vescovo ha approvato in considerazione del mio percorso.
Fu sempre in quel periodo che il giovane battezzato provò un profondo disinteresse per il suo mestiere.
La mia carriera di cantante non rispondeva più alle mie attese. La mia ricerca di bellezza, il mio ideale, non si trovava più nella musica.
La crisi economica del 2009 mise a repentaglio i suoi contratti, e a questo si aggiunsero dei problemi di salute: la voglia di cambiare vita si faceva strada in lui.
Non ho cercato di perseverare nella musica e non ho mai avuto rimpianti. Ho svolto dei lavoretti e ho cominciato a servire la parrocchia. Sono diventato in qualche modo “il viceparroco”: animavo la catechesi, le messe, suonavo l’organo… Diciamo che ho imparato così a fare il prete.
Se la chiamata al sacerdozio s’è rapidamente fatta più palpabile, è in realtà a Sainte-Anne d’Auray che Thierry Félix fece un’esperienza mistica da cui fu confermato nella sua intuizione.
Durante la messa di Pentecoste ho sentito la voce di una donna – più tardi l’avrei attribuita a Yvonne-Aimée de Malestroit – che mi diceva: «Thierry, devi fare qualcosa per la Chiesa. È una cosa importante, azione!».
Confidò allora al parroco il desiderio di diventare diacono, benché quegli segretamente sperasse che lui si avviasse al sacerdozio. Alla fine sarebbe stato ordinato diacono permanente quattro anni più tardi, nel 2013, e poi, dopo un lungo discernimento e un decisivo ritiro di trenta giorni, espresse finalmente al suo vescovo il desiderio di diventare sacerdote. Dopo tre anni di formazione, è stato ordinato prete a Vannes, il 23 giugno 2019.
Penso di essere sempre stato chiamato a diventare prete. Il mio voto di non sposarmi, a diciassette anni, ne era già un segno. In vent’anni di carriera, chiaramente mi è venuta l’idea di sposarmi ma le relazioni sono naufragate tutte, perché in fondo non ero chiamato a questo.
Quando gli si chiede se non sia difficile passare dalla luce all’ombra e a una certa “solitudine”, la sua risposta è:
Quando si è cantanti, si è molto soli. Si è applauditi alla fine dei concerti ma, una volta usciti di scena, ci si ritrova soli nella propria camera d’albergo dall’altra parte del mondo. Si è costantemente obbligati a fare attenzione alla propria voce. È una vita molto difficile. Oggi celebro la messa ed è bellissimo: sento la presenza di Dio che scende sull’altare. Una cosa enorme!
E la musica? Che posto ha per lui nelle celebrazioni liturgiche?
Certamente resto legato alla musica e amo le belle messe. Quando a Saint-Gall ho assistito alla mia prima messa credevo che tutte le messe fossero come quella – grandiose e con canti magnifici –: a Belle-Île ho scoperto la realtà e il Signore mi ha veramente spossessato da qualcosa a cui ero legato. Ne sono felice perché non è più la cosa più importante. C’è tanta bellezza in una grande messa quanta in una messa povera. Il Signore è dovunque e si esprime tanto bene in un grande coro quanto nella voce di una vecchietta che tenta, bene o male, di animare la messa. Nella musica c’è una vera incarnazione, che si esprime fisicamente. Col nostro corpo, portiamo la Parola di Dio nel cosmo!
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]