Come capire e accettare le ferite dei miei genitori? Come capire che mi hanno dato solo quello che avevano da dare?Avevo davanti a me un uomo corpulento, pieno di tatuaggi e piercing, con un atteggiamento un po’ aggressivo e altezzoso che desiderava credere nel potere dell’amore e del perdono, ma c’era qualcosa che glielo impediva.
“Juan, perché sei arrabbiato con Dio?”
In quel momento e di fronte a quella domanda, Juan si è trasformato in un bambino. Vulnerabile e indifeso, ha iniziato a piangere. Un pianto che lacerava l’anima. Tra i singhiozzi mi ha raccontato la sua storia.
“Come posso credere in Dio con tutto il male che mi ha fatto mio padre? Dov’era Dio quando mio padre mi obbligava a fare a botte con altri bambini con l’unico scopo di divertire adulti intossicati dall’alcool? Dov’era Dio quando mio padre mi picchiava fino farmi sanguinare e per quanto io lo supplicassi di smettere mi colpiva con più forza? Dov’era Dio quando mio padre feriva mia madre e io non potevo fare niente? Dov’era Dio quando mia madre ci ha abbandonati? Dov’era Dio quando lo pregavo chiedendogli un miracolo e l’unica cosa che ho ricevuto sono stati altri maltrattamenti?”
Mentre ascoltavo le sue parole mi è risultato impossibile non piangere insieme a lui. Ho sentito il suo dolore così mio!
Ho respirato a fondo, e con voce dolce ho permesso al mio cuore di parlare al suo.
“Sai dov’era Dio? Piangeva accanto a te. Era proprio lì, accanto a te, gemendo per le ingiustizie che i tuoi genitori, che ha scelto con tanto amore per te – la luce dei suoi occhi –, stavano commettendo nei tuoi confronti. Soffriva con te, sentiva il tuo dolore, perché quegli adulti – che si supponeva dovessero amarti e proteggerti in modo incondizionato – ti stavano danneggiando, e molto. Juan, la prima cosa che ha fatto Dio è stata amarti. Mentre ti creava ti amava. Continua a credere in te e continuerà ad aspettare che tu sia pronto per Lui”.
Juan non si aspettava questa risposta. Il suo volto si è trasformato, e ho visto chiaramente in lui un’espressione rilassata, che mostrava di volerne sapere di più.
Dopo un po’ mi ha detto: “Credo in Dio, e credo nel suo potere di guarirmi. Non voglio ripetere questa storia con i miei figli. Cosa posso fare?”
Penso di non sbagliare se dico che abbiamo tutti un Juan dentro di noi. In scala maggiore o minore, abbiamo subìto le conseguenze delle ferite dei nostri genitori. Ma la questione non finisce qui.
L’aspetto più triste e pericoloso è che se non ce ne rendiamo conto per tempo, i nostri figli saranno una conseguenza delle nostre ferite. E così generazione dopo generazione, finché ci sarà una persona abbastanza coscienziosa e coraggiosa da dire, come Juan, “Basta!”
E non parlo di peccati ancestrali, ma di standard di condotta, di abitudini e comportamenti tossici che danneggiano il più profondo di noi e ci limitano impedendoci di diventare tutto quello a cui siamo stati chiamati.
A te che come me sei a conseguenza di genitori amorevolmente feriti chiedo di far tue queste parole: “I miei genitori mi hanno dato solo quello che avevano da dare”.
Quando sono riuscita a interiorizzare il significato di questa frase, ho sentito come se dal mio cuore cadesse una cappa di protezione chiamata paura. Ero finalmente libera di amare e accettare mio padre con il suo lato luminoso, ma anche con tutte le sue ombre e i suoi lati oscuri, perché ho capito che la sua mancanza d’amore non era contro di me, ma contro se stesso.
Sono passata dal colpevolizzare alla compassione, e ho cominciato a guardarlo con altri occhi. Ho capito che anche lui era stato un bambino ferito e maltrattato, e che per quanto volesse non poteva darmi una cosa che non aveva mai conosciuto: un amore sano.
Ho smesso di essere una vittima nel momento in cui ho riconosciuto e ho iniziato a rendermi responsabile del fatto di guarire le mie ferite. Sì, lui e altri adulti mi hanno ferito, ma a questo punto l’unico responsabile della guarigione sono io. Se non guarisco le mie ferite continuerò a far sanguinare chi non mi ha mai ferito – i più vulnerabili, mio marito e i miei figli.
Incolpare non serve a niente. Non posso cambiare il passato dei miei genitori. Quello che posso fare è aiutarli, se lo accetteranno – con amore, comprensione, tolleranza e pazienza -, a riconoscere le loro ferite e a cercare il modo di guarirle. E se non accettano di ricordare quei momenti oscuri della loro vita penso “Dove manca l’amore, se semino amore, raccoglierò amore”.
E io, come figlia ferita, devo lavorare su me stessa. Guarire con l’aiuto di Dio, e se è necessario (lo è quasi sempre) anche con quello di un terapeuta dalla retta coscienza.
Accettare le nostre carenze e le nostre limitazioni è fondamentale per crescere nel perdono, e quindi nella gratitudine e nell’amore. Il passato dei miei genitori non deve determinare né il loro né il mio presente.
Può essere che sia stato un passato pieno di ferite, di macchie, ma il futuro è ancora impeccabile, e allora decidetevi a guarire grazie all’amore. Non è mai troppo tardi per essere felici.
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