C’è un tempo per ogni cosa,
Un tempo per nascere e un tempo per morire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere.
Un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Libro del Qoelet
Forse il Qoelet aveva previsto anche questo! E prima c’era un tempo per stare in casa e un tempo per uscire, un tempo per la scuola e un tempo per la piscina; un tempo per lavorare e un tempo per stare con i propri cari.
Prima il tempo era ben delineato: per ogni tempo c’era un luogo e c’era un’occupazione.
Ora i confini si sono persi, al punto che a volte non sappiamo neanche che giorno è: a te non è successo di chiederti se è giovedì o venerdì?
E poi c’era il tempo feriale e il tempo festivo, e anche questo oggi è un po’ venuto meno.
Com’è che adesso facciamo molte meno cose di prima, eppure ci sembra di avere ancora meno tempo di prima?
Il problema sono proprio i confini: se prima andavi in ufficio e poi uscivi dall’ufficio, per quanto fosse tardi, quando uscivi staccavi. Se oggi sei in modalità smart working, il rischio è che si perdano i confini tra lo spazio lavorativo e lo spazio famigliare, in un senso e nell’altro:
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- quando lavori, la famiglia e i figli ce l’hai sempre lì alle calcagna;
- e quando vorresti stare con i tuoi, rischi di alzarti un secondo per andare a vedere se è arrivata quell’email importante che aspettavi.
Confini: credo che il segreto sia tutto lì: definirli e riuscire a creare delle porte che apri quando devi entrare in quel tempo particolare (che sia lavoro, svago, faccende di casa o riposo) e chiudere le stesse porte ed entrare in un altro ambiente mentale nel momento in cui hai finito quella cosa.
Occorre molta disciplina per tenere fermi quei confini:
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- se si vive da soli, segnandosi su un’agenda i vari tempi della giornata in cui si fa una cosa o se ne fa un’altra, e cercando di rispettare quei confini;
- se si vive insieme ad altri, questo caso è importante condividere e concordare insieme questi confini, ad esempio, se uno dei coniugi deve lavorare dalle 3 alle 6, sarà l’altro ad occuparsi dei figli piccoli in quelle tre ore;
- è importante dare confini anche ai propri figli: dalle 9 alle 12 abbiamo le lezioni, dalle 14 alle 15 ci riposiamo e giochiamo insieme; dalle 15 alle 17 compiti, poi merenda, e poi un’altra oretta di studio; alla sera ci vediamo un film insieme;
- confini anche di tipo settimanale: i giorni feriali si studia, si lavora, si fa quel che si deve; la domenica si segue Messa insieme, si cucina il dolce e ci si riposa in qualche modo: prendendo il sole sul terrazzo (chi ne ha la possibilità), dipingendo e sporcando il tavolo insieme ai figli o leggendo un libro.
Se non riusciamo a creare questi confini, rischieremo che le varie attività quotidiane dilaghino oltre il tempo necessario e ci diano quell’impressione di stanchezza e di disagio che proviamo quando non siamo padroni della nostra vita e del nostro tempo.
C’è un tempo per ogni cosa: ora è il tempo della quarantena; e potrebbe essere il tempo per imparare a darsi insieme o da soli quei confini (elastici e non inattaccabili); e ciò che impareremo in questi giorni potranno essere nuove abitudini che ci serviranno anche quando questo tempo così impegnativo sarà finito.
Fino a quando finalmente… tornerà il tempo di abbracciarsi!
Qui l’articolo originale apparso sul blog “Comunicare il Sorriso di Dio”
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Nato nel 1971 ed ordinato nel 1996, don Giovanni Benvenuto è parroco in due parrocchie a Sestri Ponente, collaboratore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Genova e membro del Consiglio Direttivo di WeCa, l’associazione dei Webmaster Cattolici Italiani. Insieme ad Andrea Ros nel 1998 ha fondato www.qumran2.net, banca dati di materiale per la pastorale visitata da 400.000 persone al mese, e attualmente ne è il coordinatore. Da aprile 2018 pubblica ogni settimana un nuovo video per imparare a comunicare meglio sul canale Youtube Comunicare il Sorriso di Dio.