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Vescovo venezuelano: «O ci ammazza il Covid-19 o moriremo di fame»

Il Venezuela sull'orlo della carestia

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Maria Lozano - Aiuto alla Chiesa che Soffre - pubblicato il 17/08/20
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Mentre i livelli di poverà e di ineguaglianza in Venezuela, rivelati dall’ultimo studio della piattaforma indipendente di ricerche statistiche ENCOVI collocano il Paese a un punto prima inimmaginabile per il contesto latino-americano, mons. Polito Rodríguez Méndez, vescovo della diocesi di San Carlos nello stato di Cojedes (al centro del Venezuela), dichiara apertamente che la popolazione si trova «in una fase di carestia».La pandemia da Covid-19 precipita ogni giorno un po’ di più l’America Latina in una crisi economica e sociale, e questo vale in particolare per il Venezuela. Stando all’ultimo studio pubblicato dalla piattaforma indipendente di studi statistici ENCOVI, il Paese si sarebbe considerevolmente allontanato dagli omologhi sudamericani, avvicinandosi alla situazione di alcuni Paesi del continente africano: la sua classificazione è infatti appena superiore a quella del Ciàd e della Repubblica Democratica del Congo.


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Secondo i dati raccolti, il 96% dei nuclei famigliari versa in situazione di povertà, mentre il 79% degli stessi è in stato di estrema povertà, il che significa che i redditi non bastano a coprire il fabbisogno minimo alimentare giornaliero. Anche includendo altre variabili connesse al lavoro, all’istruzione, alle condizioni abitative e ai servizi pubblici, si stima che la percentuale di povertà reale debba portarsi almeno al 65%. A tutto questo si aggiunge la pandemia da Covid-19, che sembra essere ancora ben lungi dal suo epilogo: secondo fonti ufficiali, ci sono stati dall’inizio dell’emergenza quasi 34miola casi positivi e più di 280 decessi. L’impatto sulla già misera economia del Paese è però brutale: il 70% delle famiglie dichiara di esperire come problema principale quello dei rincari.


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«Il Venezuela entra in una fase di carestia», spiega alla Fondazione Internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre mons. Polito Rodríguez Méndez, da quattro anni vescovo della diocesi di San Carlos nello Stato di Cojedes, situato a circa 250 kilometri a sud-ovest della capitale Caracas.

La situazione va di male in peggio: l’economia è paralizzata, non c’è industria né lavoro nei campi. Il prodotto interno lordo è sotto zero… i più colpiti sono i più poveri, che non hanno da mangiare e sono ben lungi da vivere conformemente alla dignità umana. Abbiamo bisogno di aiuto dall’estero per poter dare loro almeno una volta a settimana qualcosa di nutriente.

Tutto è valutato in dollari: una famiglia guadagna circa tre o quattro dollari al mese. Una scatola di uova costa due dollari e un kilo di formaggio tre dollari… Una volta la gente era povera, adesso non riesce più a vivere! Lo Stato di Cojedes è noto per i suoi mango: la maggior parte della popolazione ne mangia a colazione, a pranzo e a cena. Non so come si regoli la popolazione delle altre regioni. Noi siamo in quarantena da più di due mesi e tutto è diventato carissimo, non si può continuare così.

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Aid to the Church in Need (ACN)
Mons. Polito Rodríguez Méndez, vescovo della diocesi di San Carlos nello Stato di Cojedes (Venezuela)

Secondo il Vescovo, la pandemia di Covid-19 avrebbe appena cominciato a colpire il Paese e il peggio dovrebbe ancora arrivare. Ciò lo inquieta enormemente:

Qualche settimana fa a Maracaibo è morto un prete. In assenza di test, non ne siamo sicuri, ma i sintomi sono quelli del Covid-19. Le Chiese sono chiuse da quattro mesi, i preti non hanno niente da mangiare.

Il Vescovo deve fare miracoli. Un altro problema grave che egli riporta nel corso della sua conversazione con la fondazione ACS è che tanta gente viveva di fondi che circa cinque milioni di venezuelani mandavano a casa dall’estero. Per via della pandemia, molti fra loro hanno perso l’impiego e quel gettito di denaro è diminuito del 25%.

L’altro giorno – sottolinea ancora mons. Rodriguez – ho incontrato un seminarista che piangeva. I suoi genitori erano stati licenziati, non hanno di che vivere e non possono mandare niente al figlio. Viviamo di Provvidenza.

C’è da temere che le migliaia di migranti venezuelani che hanno perduto il loro impiego in Colombia, in Perù, in Cile o in Argentina tentino di rientrare nel Paese, portando con sé il virus. Per questa ragione, le regioni di frontiera – Zulia, Apure e Táchira – sono state chiuse e isolate.

Numerosi migranti tentano di tornare per vie illegali, alcuni camminando 22 giorni su per sentieri di montagna. Sono stati creati dei “centri sentinella” per quelli che sono tornati, ma molti di costoro pensano che tali centri non siano sicuri, in ragione del loro forte sovrappopolamento e delle gravi criticità igieniche. Essi pensano che questi centri non siano adeguati e non vorrebbero andarci, quindi si nascondono. Il tutto comincia ad avere conseguenze gravi.

E come se ciò non bastasse, in queste ultime settimane grandi parti degli Stati di Cojedes, Portuguesa e Barinas, tra gli altri, hanno subito un’invasione di vermi che ha distrutto i bananeti e i pascoli per il bestiame.


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«Le piaghe d’Egitto non sono niente a confronto di quel che stiamo soffrendo qui, erano poca roba», dice il Vescovo. Davanti a tutte le difficoltà, l’ultima cosa a cui pensa il Pastore di San Carlos è indietreggiare:

Tutta questa situazione è molto deprimente, il numero dei suicidî è aumentato. Dobbiamo superare le difficoltà e fornire assistenza spirituale, è fondamentale. Diffondiamo la messa via radio ogni domenica e sui social network continuiamo il lavoro pastorale, non possiamo venire meno adesso.

Un Paese sull’orlo del precipizio

Il prelato ammette di “fare la lotta con Dio”, nella preghiera. Però aggiunge:

Gli chiedo soprattutto la Misericordia. Da soli non possiamo fare nulla. È lui che ci dona la forza. Dio ama il suo popolo, non ci lascerà soccombere; e la Chiesa neppure lascerà cadere il suo popolo. […] Il resto del pianeta è ormai entrato in una crisi. Noi sono decenni che soffriamo. In quanto Chiesa, siamo stati in grado di aiutare molto, in questi ultimi anni. Malgrado i limiti personali, non lasceremo le persone sole in questa terribile situazione che attraversiamo, e parlo non soltanto della questione dell’aiuto umanitario, ma anche del sostegno della persona umana a livello globale, per lottare contro la corruzione, l’ignavia, la deresponsabilizzazione… anche questo rende povera la popolazione!

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Aid to the Church in Need (ACN)

Il prelato non attende risposte dalle forze politiche del PAese. Per lui il solo aiuto che possa attenuare la crisi in questo momento verrà da fuori:

Dobbiamo cercare un sostegno internazionale. Da soli non possiamo nulla. Non ci sono materie prime, né personale motivato, né cibo. Il Paese sta collassando. Soprattutto non vogliamo interventi armati: dobbiamo chiedere un aiuto umanitario e sanitario internazionale, perché senza di questo non abbiamo scelta – o ci ammazzerà il Covid-19 o sarà la fame a farlo.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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