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Il bambino può essere battezzato anche se i genitori non sono sposati?

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Toscana Oggi - pubblicato il 18/08/20
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Sono stata invitata ad un battesimo, i genitori non sono sposati ed entrambi già separati da un precedente matrimonio. Il parroco si può rifiutare di battezzare il piccolo? O si pensa in questo caso al bene del bambino? Durante la celebrazione ci sarà anche il momento dell’eucarestia? In questo caso i genitori è giusto che non si accostino?

Lettera firmata

Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto Canonico
La domanda che ci rivolge la lettrice è, indirettamente, un richiamo molto forte a riflettere sulla grave responsabilità che hanno i genitori per il bene dei figli, inclusa la prospettiva della salvezza eterna.

I genitori svolgono una missione che è al tempo stesso un ministero. Infatti, il can. 835, dopo aver presentato ai §§ 1-3 i vari livelli di competenza circa la responsabilità di coloro che esercitano nella Chiesa la funzione santificatrice, a cominciare dai Vescovi, al §4 così recita: «… Partecipano in modo peculiare alla stessa funzione i genitori, conducendo la vita coniugale vissuta con spirito cristiano e attendendo all’educazione cristiana dei figli».

La formazione religiosa dei figli si inserisce nella loro maturazione integrale, fisica sociale e culturale alla quale i genitori attendono sia come «dovere gravissimo», personale, che come «diritto primario» (cf. can. 1136); e ancora, «I genitori, prima di tutti gli altri, sono tenuti all’obbligo di educare con la parola e con l’esempio i figli nella fede e nella pratica della vita cristiana; lo stesso obbligo grava su coloro che ne fanno le veci e sui padrini» (can. 774 §2). La responsabilità, e quindi il dovere, dei genitori per la vita naturale della prole non trasforma in diritto assoluto ed esclusivo qualsiasi loro decisione da prendere sui figli, soprattutto quando tocca l’ambito della vita soprannaturale.

La richiesta del battesimo, infatti, è un obbligo cui debbono provvedere i genitori, anzi già prima della nascita devono farne richiesta al parroco e prepararsi debitamente (cf. can. 867 §1). Ma per battezzare lecitamente un bambino il Legislatore pone, tra le altre cose, la limitazione «che vi sia la fondata speranza che il bambino sia educato nella religione cattolica; se tale speranza manchi del tutto, il battesimo venga differito secondo le disposizioni del diritto particolare, spiegandone ai genitori le ragioni» (can. 868 §1 n.2). I genitori, oltre all’insegnamento astratto, trasmettono ai figli modelli di vita a cominciare da quello che loro stessi sono e fanno. Si tratta di un insegnamento pratico più diretto e incisivo. Il contesto familiare del bambino che la lettrice ci presenta, è ormai abbastanza frequente. Spesso si tratta di famiglie di fatto sorte a seguito di un divorzio, oppure di coppie che rifiutano in ogni caso e liberamente l’istituto del matrimonio.

Se non è per un pregiudizio o una motivazione ideologica che porta a rifiutare il matrimonio anche solo civile, può nondimeno capitare di assistere con frequenza a fallimenti coniugali in cui è difficile ricucire gli strappi o addirittura individuarne le responsabilità. In questi casi sono spesso coinvolte persone, che noi non ci sentiamo in alcun modo di giudicare, che vivono drammaticamente l’esito del loro tenore di vita coniugale per non poter rendere compatibili scelte successive con la loro fede e i loro principi morali.

Il compito di discernimento del parroco è senz’altro arduo perché deve valutare se esiste la seria garanzia che al bambino sarà assicurata l’educazione cattolica e che la speranza non manchi del tutto (cf. can. 868 §1 n. 2). Quando nella valutazione del parroco mancano queste garanzie, dovrà essere ancor più valorizzato l’ufficio di padrino al quale spetta «… di presentare al battesimo, insieme con i genitori, il battezzando bambino, come pure cooperare affinché il battezzato conduca una vita cristiana conforme al battesimo e adempia fedelmente gli obblighi a esso inerenti» (can. 872). In questo senso, anche per essere ammessi all’ufficio di padrino e madrina vengono richiesti opportuni requisiti e garanzie (cf. can 874), tra cui «… l’attitudine e l’intenzione di esercitare questo incarico» (can. 874 §1 n. 1)

Non bisogna scordare che qualsiasi occasione che conduca una persona a rivolgersi al parroco rappresenta un momento propizio di grazia da non dover disperdere in alcun modo. Forse, come dispone il can. 868 §1 n. 2, potrebbe essere necessario che il battesimo «venga differito, spiegandone ai genitori la ragione», se non sono sufficienti le garanzie date da chi dovrà provvedere all’educazione del bambino, ma potrebbe anche accadere che la richiesta del battesimo per il figlio si trasformi in occasione per iniziare un percorso di catechesi, di riscoperta della fede e di revisione della propria vita.

Tuttavia, la ragionevolezza che sempre caratterizza la norma, non dovrà mai essere disgiunta dalla decisione da prendere, contemperando il bene del bambino da battezzare con la responsabilità di chi debba o possa assumere il compito educativo. Il differimento del battesimo deve essere considerato solo l’extrema ratio quando non sia possibile trovare nessun’altra soluzione.

Alla seconda domanda della lettrice rispondiamo dicendo soltanto che ogni fedele che voglia accostarsi all’Eucaristia deve soddisfare alcune condizioni. Sul punto abbiamo più volte scritto in questa Rubrica, soprattutto in riferimento alle disparate situazioni matrimoniali. I sacramenti vanno ricevuti nella verità e non per salvare le apparenze, soprattutto in un giorno così importante come il battesimo di un figlio. Ognuno interroghi la sua coscienza e valuti se le disposizioni interiori e i buoni propositi siano sufficienti per ricevere effettivamente l’assoluzione sacramentale dei peccati da anteporre alla comunione. Questo è un atto personalissimo che tocca la coscienza di ogni fedele, mentre l’amministrazione di un sacramento non è una concessione o un’eccezione che possa fare il parroco, il quale, torniamo a ripeterlo, come ogni sacerdote è solo ministro e custode dei sacramenti, non padrone di essi.

Qui l’articolo pubblicato da Toscana Oggi

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