Per i cristiani, è indispensabile tenere a mente l’origine prima della Bibbia e tornare alle fonti stesse del testo originale. Ma qual è? Si tratta di una o più fonti? Elaborata nel corso dei secoli a partire da una lingua – l’ebraico –, la storia della Scrittura della Bibbia comincia con quella ebraica, che i cristiani avrebbero chiamato “Antico Testamento” – un grande corpo originale per i giudei come per i cristiani.Bibbia al singolare o al plurale? Quel che chiamiamo comunemente “la Bibbia” sarebbe meglio inteso, in effetti, al plurale, tanto sono numerose e disparate nel corso dei secoli le fonti che la compongono. Contrariamente all’idea comune, lo stesso nome di “Bibbia” è recente e non appare in latino con la parola “biblia” (appunto un plurale) che nel corso del XII secolo d.C., anche se si può notare l’uso antico della parola greca biblos che si riferiva al papiro, pianta a partire dalla quale si fabbricavano e si custodivano i rotoli tipici della cultura alessandrina.
Bisogna quindi raffigurarsi la Bibbia come una successione di testi di ispirazione e di origine diversi, dove poesia, mito, storia e fede si coniugano. È dunque una pluralità che caratterizza anzitutto le “Sacre Scritture”. Nondimeno, in questa diversità possiamo considerare che la Bibbia trova la sua prima origine nella Bibbia ebraica, una fonte scritta in una lingua essenziale.
L’ebraico, vettore della fede giudaica
L’ebraico, una delle lingue semitiche occidentali, costituisce effettivamente la lingua essenziale della Bibbia ebraica, se si eccettua qualche passaggio in aramaico. Questa lingua affonda le radici nella notte dei tempi (tra Egitto e Fenicia) ed è quella dei “Libri Santi” che riconoscono il popolo “eletto”. Fin da allora è dunque considerata una lingua sacra.
Da principio l’ebraico non si scriveva che con consonanti, e da questo potevano sorgere parecchie letture e interpretazioni – cosa che era in sé fonte di molte difficoltà. Un sistema complesso di punti e di trattini per le vocali sarebbe stato aggiunto tardivamente, a partire dal VII secolo della nostra era, per facilitarne la vocalizzazione nella lettura pubblica, nonché per lo studio (un po’ come sarebbe accaduto nell’Islam con il Corano). Quest’opera sarebbe stata compiuta dai Masoreti – dall’ebraico massora, che significa “tradizione” –, e si parlerà allora di “testo masoretico” con Ben Asher di Tiberiade come personaggio-chiave.
La costituzione dei Libri Santi
È questa lingua che è servita a redigere quel che i giudei chiamano con l’acronimo TaNaK, parola che indica le tre parti della Bibbia ebraica, e cioè la Torah (la Legge, o “Pentateuco”), i Nebiîm (i Profeti) e i Ketuvîm (altri scritti o agiografie). Le tre sezioni della Bibbia ebraica raggruppano i cinque libri della Torah (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio), i Profeti anteriori (da Giosuè ai Libri dei Re) e posteriori (da Isaia a Malachia) e poi gli Scritti (sono 13 e vanno dai Salmi alle Cronache.
Questi testi sono considerati sacri e i rotoli sui quali ci sono giunti vengono preziosamente custoditi da una guénizah (“custodia” o “nascondiglio”), una parte attigua alla sinagoga atta a proteggere quei testi da ogni sozzura.
I testi più antichi della Bibbia ebraica pervenuti fino a noi sono stati scoperti a metà del XX secolo con i famosi Manoscritti del Mar Morto (che includono parecchi altri testi ancora) e vanno dal III al I secolo a.C. Li vedremo più da vicino prossimamente…