Perdonare non è affatto facile, tanto più se abbiamo subito un male o un’ingiustizia molto grave.
Qualcuno pare riesca a farlo con naturalezza, ma per la maggior parte di noi, il perdono è una cosa molto difficile ed è naturale che sia così.
Ad altri perdonare sembra impossibile, anche se tutti sappiamo che riuscire a perdonare con sé tanti benefici: è un grande atto di egoismo positivo.
Prima di capire come sia possibile incamminarci su questa strada, è fondamentale capire cosa non è il perdono, eliminando le false idee di perdono: a volte basta già questo per sbloccarsi e mettere in conto la possibilità di perdonare
1 – Perdonare non è dimenticare
Perdonare e dimenticare sono due cose completamente diverse.
Perdonare è un atto del cuore, dimenticare è impossibile: come si fa a dimenticare un grave torto subito? Sarebbe come pretendere che dopo una grave ferita non rimanesse alcuna cicatrice a ricordarcela. Non possiamo dire a noi stessi: Da oggi non devi più ricordare il male che ti è stato fatto!
Sarebbe bello svegliarci al mattino come se nulla fosse accaduto; a volte il ricordo fa così male, che si arriva addirittura a rimuovere dal pensiero cosciente ciò che è accaduto. Ma rimozione non significa cancellazione; significa soltanto che abbiamo nascosto la polvere sotto al tappeto e e un giorno sposteremo il tappeto, la polvere sarà sempre lì.
2 – Perdonare non vuol dire subire senza reagire
Il primo dovere che abbiamo verso noi stessi è quello di difenderci: se una persona ci minaccia con una pistola, sarà giusto cercare di disarmarlo, idem se sta minacciando qualcun altro o un nostro famigliare.
E fraintendendo le parole di Gesù che ha detto di porgere l’altra guancia, qualcuno pensa:
Se perdonare significa che devo nuovamente espormi al male, allora no, scusami tanto, ma io non me la sento proprio di perdonare!
Penso sia un pensiero del tutto lecito: chi continua a subire senza reagire, più che pensare di essere bravo a perdonare, potrebbe chiedersi se non si trova in una relazione di dipendenza.
3 – Perdonare non significa riconciliarci con chi ci ha fatto del male e tornare a vivere quella relazione come se nulla fosse
Se riconciliarsi significa esporsi al rischio di essere nuovamente feriti, è giusto non correre questo rischio; a volte sarà nostro sacrosanto diritto sottrarci in tutti i modi a certe situazioni e a certi rapporti per evitare di rimanere nuovamente feriti.
4 – Il perdono non presume né le scuse né la presenza dell’altro
Il perdono non richiede che chi ci ha ferito ammetta di averlo fatto e sia disposto a cambiare: è qualcosa di intimo e personale, nasce da una scelta del cuore e non necessità della partecipazione o presenza dell’altro, che potrebbe non avere alcun interesse a ricevere il nostro perdono, né dimostrarci alcun pentimento né esprimerci alcuna scusa.
Per questo motivo si può perdonare anche chi non è più presente nella nostra vita, chi abbiamo completamente allontanato da noi e anche chi è deceduto.
A volte si potrebbe aver bisogno di spiegazioni da parte dell’altro, ma chi perdona può farlo anche senza essere interessato a capire tutto: basta soltanto interessati a perdonare.
5 – Perdonare non significa dover rinunciare alla giustizia, anche legale
Ci sono persone che riescono a perdonare anche gravi crimini, ma non per questo desiderano che la persona sia rimessa a piede libero.
Prendiamo un caso estremo: perdonare l’assassino di un famigliare, non significa dover pensare che non debba scontare la sua pena e pagare responsabilmente i suoi errori.
6 – Perdonare non è cedere sui propri valori né un atto di debolezza
Se perdono chi ha tradito un valore importante, come la fiducia, la fraternità o la fedeltà, non significa che non credo più nei valori che lui ha disatteso.
Chi perdona non nega i propri valori, ma riesce ad integrare nel suo percorso interiore altri valori profondi di umanità, che non sono in contraddizione con altri valori.
Qualcuno non prende in considerazione il perdono perché pensa che perdonare significhi apparire deboli: nel nostro percorso alla scoperta del perdono comprenderemo come esso sia tutt’altro che un atto di debolezza, presuppone anzi un cammino profondo e una grande forza interiore.
7 – Perdonare non è mostrare la propria superiorità
A volte si dice: “Lo perdono perché voglio essere superiore a lui“, ma finché ragioniamo in termini di superiorità ed inferiorità, siamo ancora dentro alla gabbia dell’Ego: se perdoniamo per dimostrare di essere superiori, siamo ancora lontani dal vero perdono.
Perdono non è neppure negare il danno subito in nome di questa presunta superiorità: negare la realtà o non darle peso sarebbe autolesionistico e poco rispettoso verso se stessi.
Capiremo come il perdono è tutt’altro che superiorità, anzi: perdono è riuscire in qualche modo ad identificarsi con l’altro, capire, come dice la canzone, che l’altro siamo noi.
8 – Perdonare non è un modo per espiare
Qualcuno potrebbe intenderlo così: visto che anch’io ho fatto degli errori, voglio perdonare per essere perdonato a mia volta, come in un certo senso ci suggerisce anche il Padre Nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Una visione di questo tipo può darci una motivazione in più a perdonare, ma credo che sia una fase intermedia del processo del perdono, che è qualcosa di più profondo e legato al concetto stesso di esseri umani, è un atto supremo di umanità.
9 – Perdonare non può essere solo un dovere religioso
Certi atteggiamenti del cuore o si raggiungono in piena consapevolezza e libertà, o illuderci di essere capaci a perdonare perché è giusto farlo, o perché Dio ce lo ha chiesto, non può bastare.
Certo, Dio ce lo chiede, perché vuole che abbiamo la vita, e l’abbiamo in abbondanza! Fidarci del Vangelo e credere che sia la strada giusta, può essere un aiuto ad intraprendere la strada del perdono, ma occorre poi capire qual è il motivo profondo per cui Gesù lo ha messo tra le strade spirituali da percorrere per raggiungere la pienezza del nostro essere umani.
10 – La capacità di perdonare non è qualcosa di innato
Qualcuno dice: “Io non sono capace a perdonare, non fa parte del mio carattere”.
Ma amare, come perdonare, non è come avere gli occhi azzurri o il 38 di scarpe: come ogni aspetto del proprio carattere, ad alcuni può risultare più semplice, ad altri più difficile, per temperamento o per evoluzione personale.
Il perdono, così come l’amore, è qualcosa che possiamo decidere di iniziare ad integrare nel percorso della nostra vita, con fatica: dipende da noi intraprendere quella strada o decidere di rimanere fermi dove siamo.
Ed eccoci arrivati ad una caratteristica importantissima del perdono:
Il perdono non è un atto, ma un processo lungo e faticoso
Ecco perché non ha senso chiedere ad una persona appena ferita, se riuscirà a perdonare chi gli ha fatto del male, perché il perdono è una strada lunga; è frutto della volontà, ma per arrivare a maturazione, il perdono necessita di tempo, di elaborazione lenta, che potrebbe durare mesi o addirittura anni.
Il processo del perdono comporta almeno quattro fasi, tutte importanti, che vedremo nel prossimo video.
A quel punto, non sarà più un atto occasionale, ma potrà diventare un atteggiamento; ma ogni volta che si presenterà nuovamente la difficoltà e l’opportunità di perdonare, questo atteggiamento avrà bisogno di essere rinnovato: sarà importante riattraversare nuovamente le quattro fasi del perdono, forse in modo più fluido, ma sempre profondo e trasformante.
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Nato nel 1971 ed ordinato nel 1996, don Giovanni Benvenuto è parroco in due parrocchie a Sestri Ponente, collaboratore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Genova e membro del Consiglio Direttivo di WeCa, l’associazione dei Webmaster Cattolici Italiani. Insieme ad Andrea Ros nel 1998 ha fondato www.qumran2.net, banca dati di materiale per la pastorale visitata da 400.000 persone al mese, e attualmente ne è il coordinatore. Da aprile 2018 pubblica ogni settimana un nuovo video per imparare a comunicare meglio sul canale Youtube Comunicare il Sorriso di Dio.