Alcuni esempi di santità ci possono aiutare a tenere il sorriso e l’allegria anche nei giorni più difficiliQuando i santi trasmettono allegria e buonumore. Se una qualità non può mancare nel “bagaglio” del cristiano, questa è la gioia, di cui il buonumore è specchio, marchio di riconoscimento. Lo dicono le agiografie, lo confermano i testi di riflessione spirituale, non moltissimi in verità, lo ripetono fino alla noia i parroci. «Un cristiano non può essere triste».
Il santo – scrive papa Francesco nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate «è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo. Senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza» (Avvenire, 28 maggio 2018). Ecco, di seguito, alcuni tra i santi più allegri.
San Josemaria Escriva
«L’ottimismo cristiano non è ottimismo dolciastro – ha scritto san Josemaria Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei – e neppure la fiducia che tutto andrà bene. Affonda le sue radici nella coscienza della libertà e nella sicurezza del potere della grazia; un ottimismo che porta a essere esigenti con noi stessi, a sforzarci per corrispondere in ogni momento alla chiamata di Dio».
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San Giovanni Bosco
Tra i santi più allegri c’è san Giovanni Bosco. Si dice che fosse particolarmente gioviale anche nei giorni delle prove più dure. Nel “Giovane provveduto”, un manualetto di formazione cristiana, don Bosco, scriveva: «Due sono gl’inganni principali, con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù. Il primo è far loro venir in mente che il servire al Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, giovani cari. Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiano, che sia nel tempo stesso allegro e contento, additandovi quali siano i veri divertimenti e i, veri piaceri. Tale appunto è lo scopo di questo libretto, servire al Signore e stare sempre allegri”.
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La società dell’allegria
Ad esempio nell’animare l’oratorio Don Bosco fondò la “Società dell’allegria”, con l’intento di organizzare giochi, tenere conversazioni, leggere libri che contribuissero all’allegria di tutti. Era vietato tutto ciò che produceva malinconia, specialmente la disobbedienza alla legge del Signore. Chi bestemmiava, pronunciava il nome di Dio senza rispetto, faceva discorsi cattivi, doveva andarsene dalla Società.
San Domenico Savio
Per Domenico Savio, santo ragazzino, allievo di Don Bosco, «noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nel fare bene il nostro dovere».
Nel tempo libero, Domenico era l’animatore del gioco e dell’allegria. La sua maniera di comportarsi, di parlare, faceva del bene a tutti. Anche nel pieno dell’allegria era gentile e ben educato. Se uno parlava, non lo interrompeva. Ma quando poteva, prendeva lui in mano la conversazione. Sapeva contare mille storie allegre, come anche discutere di storia e matematica. Se la conversazione scivolava verso il basso, come borbottare di qualche cosa, parlar male di qualcuno, Domenico sapeva farla tornare in su.
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Battute e serenità per tutti
Gettava là una battuta, raccontava una favola buffa, e tutti ridevano e dimenticavano i discorsi maligni. Il pensiero di fare del bene a tutti lo accompagnava sempre.
La sua serena allegria, la sua mite vivacità lo rendevano caro anche ai ragazzi che in fatto di preghiera e di chiesa la pensavano molto diversamente da lui. Ognuno provava piacere a stare con lui, e vedeva nei suoi suggerimenti l’interessamento di un amico (Don Bosco Land).
San Tommaso Moro
Tommaso Moro, apostolo del buonumore, fu un santo che trasmise allegria anche sul patibolo dove finì decapitato. Diceva così: «Qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio».
La lezione è chiara: non esiste nulla che impedisca un sorriso, che giustifichi il pessimismo o il cattivo umore.
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San Filippo Neri
Lo scopo centrale della spiritualità di San Filippo Neri si fondava sul trinomio: allegria, preghiera, attività. In queste tre parole era contenuto tutto il segreto della santità che esigeva dai suoi ragazzi.
San Filippo aveva un’immagine della fede e della religione non come una serie di obblighi e doveri da rispettare ma come un abito da portare. E quest’abito era sempre quello della festa e della gioia. Voleva che i suoi ragazzi fossero sempre allegri e trascoressero il tempo, oltre che in preghiera, in buone ricreazioni o in attività ludiche.
“Scrupoli e malinconia….”
Sono sue le espressioni quali: “scrupoli e malinconie :fuori da casa mia” oppure “la santità consiste in tre dita” toccandosi la fronte. Un detto per indicare che la strada maestra per raggiungere la metà del Regnum Coelorum non era fatta di digiuni ascetici con volti malinconici bensì con penitenze e volto allegro in quanto l’uomo da solo può far ben poco. E Filippo,sorridendo, aveva fatto suo questo modo di essere (Aci Stampa, 26 maggio 2016).
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