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RNA e vaccini: qual è il rischio?

RNA
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Miguel Pastorino - pubblicato il 06/02/21
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Cosa sappiamo dell’RNA? Abbiamo parlato con un esperto dei vaccini, di come sono stati realizzati e dei loro rischiAbbiamo intervistato Juan Pablo Tosar, laureato in Biochimica, con un post-lauream in Biologia e un dottorato in Biologia Molecolare presso l’Universidad de la República dell’Uruguay (UdelaR). È docente e ricercatore della Facoltà di Scienze (UdelaR) e dell’Istituto Pasteur di Montevideo. Il suo percorso come ricercatore sul tema dell’RNA è esteso e noto a livello sia nazionale che internazionale. Abbiamo parlato del suo lavoro e di altri temi di interesse e attualità, come i vaccini basati sull’RNA.

Qualche mese fa abbiamo un letto un articolo sul portale della BBC in spagnolo che parla di una “scoperta potenzialmente rivoluzionaria”: potrebbe parlarcene un po’?

Nel nostro laboratorio cerchiamo molecole di RNA che viaggiano nel sangue e che in futuro potremo utilizzare per diagnosticare delle malattie in una fase precoce. In particolare, abbiamo progettato un metodo che ci ha permesso di scoprire che certe molecole chiamate “ribosomi” esistono fuori dalle cellule. I ribosomi sono fatti principalmente di RNA, e sono la struttura molecolare che fabbrica proteine all’interno della cellula. Cosa fanno al di fuori di essa? Non lo sappiamo, ed è quello che stiamo cercando di capire. Le nostre scoperte sono state pubblicate e sottolineate sulla copertina di una rivista scientifica che gode di grande rispetto in questo tema. A metà dello scorso anno abbiamo anche rilasciato un’intervista che è stata pubblicata sulla rivista Nature, una delle riviste scientifiche più importanti e lette al mondo.

Menziona spesso la parola “RNA”: sembra che indaghi su un tema diventato famoso…

Sì, fino a poco tempo fa quando mi chiedevano di spiegare cosa faccio dedicavo abbastanza tempo a spiegare cosa sia l’RNA, al quale mi riferivo come al “fratello sconosciuto del DNA”, ma poi è scoppiata la pandemia del coronavirus, che è un virus il cui genoma è fatto di RNA e che cerchiamo di combattere con dei vaccini, alcuni dei quali fatti di RNA, e allora questa sigla che sembrava tanto esotica è diventata parte della nostra vita quotidiana. Ultimamente si parla più di RNA che di calcio!

JUAN PABLO TOSAR

montevi.edu.uy

E si dicono cose come il fatto che questi vaccini di RNA potrebbero alterare i nostri geni: è vero?

Per niente. Parte del mio lavoro consiste, a livello sperimentale, nell’introdurre RNA nelle cellule e visualizzarlo in un certo tipo di microscopi. L’RNA, una volta all’interno della cellula, non entra nel nucleo, che è dove risiede il DNA (la molecola in cui si immagazzinano le nostre informazioni genetiche). L’RNA non ha poi la capacità, di per sé, di alterare il DNA delle nostre cellule. Alcuni virus, come quello dell’immunodeficienza umana (HIV), riescono a inserire il loro genoma di RNA nelle cellule che infettano, ma lo fanno mediante una struttura molecolare che non è presente nei vaccini.

Chiunque lavori con l’RNA sa, inoltre, che si degrada molto rapidamente. È quella la sua funzione all’interno della cellula: durare poco, e in quel lasso di tempo dare le istruzioni per realizzare certe proteine. In questo caso, l’RNA messaggero dei vaccini delle imprese BioNTech/Pfizer o Moderna serve da modello perché le nostre cellule fabbrichino una delle proteine del virus che provoca il Covid-19, e “allenare” così il nostro sistema immunitario. Dopo un po’ di tempo, l’RNA viene degradato da enzimi presenti nella cellula e scompare senza lasciare traccia.

Ciò non significa che sia impossibile che accadano cose inaspettate. La scienza, essendo l’avventura di addentrarsi nell’ignoto, non può scartare alcuna possibilità, ma deve valutare tutto in modo sperimentale. Ma esiste una base razionale per sostenere la paura che i vaccini di RNA possano modificarci geneticamente? No. Questa paura è priva di qualsiasi fondamento in base alle prove a disposizione.



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Capisco. Ma c’è una certa preoccupazione per il fatto che questi vaccini siano stati progettati e realizzati in tempo record. Lo ritiene un problema?

Prima di andare avanti vorrei fare qualche chiarimento: io non effettuo direttamente ricerche sulla tematica dei virus o dei vaccini, e quindi non pretendo di presentarmi come un esperto di questi temi. Con dodici anni di ricerca nel campo della Biologia molecolare, però, posso distinguere quale sia una preoccupazione fondata e quale sia semplicemente una voce perniciosa.

Andiamo per gradi.

In primo luogo, solo alcuni dei vaccini che si stanno applicando attualmente utilizzano la tecnologia dell’RNA messaggero. Altrettanti vaccini in applicazione in vari Paesi utilizzano strategie molto più “classiche”, per dirla così. È quindi difficile fare generalizzazioni su “i vaccini del coronavirus”, perché sono vari e diversi tra loro. Alcuni sono ancora in fase di valutazione, e altri sono già stati valutati come efficaci e sicuri, sono stati approvati da vari Paesi, i loro risultati sono stati pubblicati e si stanno applicando in modo massiccio.

JUAN PABLO TOSAR

icm.org.uy

Scusi se la interrompo, ma è proprio questo che intendevo: la pandemia è nata alla fine del 2019, il virus è stato identificato, isolato, sequenziato e caratterizzato all’inizio del 2020, e i primi vaccini sono stati approvati per l’uso meno di un anno dopo: non è poco tempo?

Sì e no.

Potrebbe spiegarlo?

Mai prima d’ora un vaccino è stato approvato tanto rapidamente. Questo è vero. In questo caso non uno, ma vari vaccini. A volte, però, si perde la dimensione di come tutto sia più rapido con il progresso tecnologico. Si è finito di sequenziare il genoma umano nel 2003. Ci sono voluti 13 anni e un investimento di 3.000 milioni di dollari. Oggi posso sequenziare un genoma umano investendo poche migliaia di dollari in appena qualche giorno. Tutto si può fare sempre più rapidamente.

In questo caso, per via di epidemie precedenti di altri coronavirus come la SARS e la MERS, ci sono da anni ricercatori che lavorano a vaccini contro i coronavirus. Non appena è stata pubblicata la sequenza di questo nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) nel gennaio 2020, questi gruppi hanno adattato le loro piattaforme al nuovo virus, ma avevano già la maggior parte del lavoro anticipato. Poi è apparso tutto il denaro del mondo perché il processo non avesse restrizioni a livello economico.

Questo accelera moltissimo le cose; la situazione non ha precedenti. Le varie tappe delle prove cliniche sono state effettuate in modo sovrapposto anziché sequenziale. Quando parlo di prove cliniche mi riferisco agli studi che si compiono su volontari prima di approvare un vaccino o un farmaco. Ad alcuni di questi volontari viene amministrato quello che sarebbe il vaccino, e ad altri un’iniezione salina che non la contiene (quello che definiamo placebo), ma nessuno sa cosa riceve.

Si monitorano gli effetti avversi, ma bisogna far passare il tempo perché si ammali un numero sufficiente di persone nel gruppo placebo, e vedere se se ne sono ammalate di meno nel gruppo vaccinato. Se la malattia che si cerca di prevenire impiega anni a svilupparsi, le prove cliniche richiederanno anni. Per prevenire un virus in una pandemia in cui ci sono Paesi con decine di migliaia di casi attivi, le prove cliniche si possono effettuare abbastanza rapidamente se si parte da un gran numero di volontari.


VACCINE
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E a livello di sicurezza?

La sicurezza si valuta nelle prove cliniche fin dall’inizio. Nel mondo ci sono persone che sono state vaccinate nove mesi fa, e si continuano a monitorare. Se si approva un vaccino è perché le prove cliniche hanno mostrato che gli effetti avversi sono molto rari, e se esistono non sono di estrema gravità. Si continua a monitorare attivamente la sicurezza anche post-approvazione. Attualmente sono stati amministrati 95 milioni di vaccini contro il Covid-19, e nessuno è morto a causa di questi. Dall’altro lato, ci sono circa 100 milioni di casi di Covid-19, con due milioni di morti a causa di questa malattia.

E a lungo termine?

Non lo sappiamo. Pretendere di rimandare l’approvazione dei vaccini fino a quando non ci saranno dati di sicurezza a lungo termine equivarrebbe a non avere vaccini durante la pandemia, il che ne prolungherebbe la durata. E lì sì non sarebbe più una paura dell’ignoto, ma possiamo proiettare precisamente cosa accadrebbe. La paura dell’ignoto è comprensibile e la condivido, ma non c’è un motivo concreto valido per giustificare il timore che questi vaccini possano dare problemi a lungo termine.

Ogni volta che esce un nuovo modello di aereo, per fare un esempio, viene studiato in modo approfondito per scartare imperfezioni che ne compromettano la sicurezza, ma nessuno può dire cosa accadrà a quegli aerei dopo dieci anni di utilizzo, anche se sono progettati per funzionare per molto più tempo. L’ignoto implica sempre un rischio, ma la scienza ci permette di quantificare il rischio e il beneficio.

Nel caso dei vaccini contro il coronavirus che hanno pubblicato i risultati delle loro prove cliniche, il rischio sembra essere estremamente basso e il beneficio è molto alto, a livello sia individuale che collettivo.



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