Sotto l’impulso della yazida Nadia Murad, premio Nobel per la Pace 2018, una cinquantina di ONG internazionali e membri della società civile irachena hanno pubblicato una lettera aperta al pontefice argentino, in visita in Iraq dal 5 all’8 marzo. «Ci rallegriamo della visita apostolica di Sua Santità Papa Francesco», scrivono volendo significare che considerano questo viaggio come una
Malgrado la disfatta militare dell’organizzazione Stato Islamico in Iraq, i firmatari sono preoccupati per la «minaccia di atrocità future da parte dell’Isis» nella regione:
Gli autori della lettera deplorano del resto la progressiva scomparsa del ricco mosaico di comunità etnico-religiose che pure in Iraq esisteva da secoli:
Fustigando «l’utilizzo abusivo della sharia» che conduce «alla marginalizzazione istituzionalizzata delle minoranze non musulmane in Iraq», i firmatari condannano nondimeno la politica condotta un tempo da Saddam Hussein, come pure l’intervento americano del 2003. Quest’ultimo ha «gravemente destabilizzato le relazioni internazionali» e causato «il collasso dello Stato, una guerra settaria e la proliferazione delle ideologie estremiste e dei gruppi armati».
La lettera sottolinea che la popolazione cristiana è stata ridotta a sole 300mila persone, e che le altre comunità in Iraq hanno terribilmente sofferto, nell’ultimo decennio. Yazidi, Sabei-Mandei, Turkmeni, Kakai e Shabak… tutte queste comunità «si sono trovate a fronteggiare minacce esistenziali, in questi ultimi anni».
Salutando gli sforzi fatti per salvaguardare la libertà religiosa in Iraq, i redattori esclamano di volersi spingere ben più in là, domandando che giustizia sia fatta quanto alle estorsioni già perpetrate:
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]