A parte il XX secolo, non ci sono stati per i cristiani secoli più cruenti dei primi tre: all'epoca, le terre dell'Impero Romano erano irrigate più di sangue che d'acqua. Chiunque si convertisse a Cristo rischiava la sofferenza e la morte. In questa oscurità, però, il lume della fede di santa Sofia e delle sue figlie ha propagato la speranza.
Nel 137, in cui i cristiani di Roma si nascondevano per sfuggire ai soldati dell'imperatore, una voce si diffuse nell'Urbe: da qualche mese una vedova venuta da Milano passava le giornate nei quartieri poveri della città ad occuparsi dei poveri.
Con l'aiuto delle sue tre figlie, la vedova chiamata Sofia nutriva, curava e confortava tutti quanti erano nel bisogno. La sua dolcezza e la sua bontà la resero bene accetta a tutti. Lo stesso valeva per le sue figlie, generose e servizievoli tanto quanto la madre.
Si racconta poi che, al sopraggiunger della notte, Sofia si infilasse nelle prigioni della città: corrompeva di tasca propria le guardie e rendeva visita ai cristiani prigionieri. Pregava con loro e li benediceva, ricordando loro la promessa del Regno che viene per infondere loro coraggio: quanti soffrono e muoiono nel nome di Gesù Cristo saranno i primi al suo fianco.
Furono numerosi i cristiani che si recarono al supplizio col cuore allargato dalle parole di Sofia. Virtuose quanto lei le figlie – Pistis (Fede), Elpis (Speranza) e Agape (Carità) – la seguivano sempre. Degli amici benevoli e quanti l'avevano aiutata, però, la misero in guardia: le supplicarono di nascondersi. La sapienza e le sue figlie non potevano però essere fedeli a Cristo fuggendo.
Servirono dunque i loro fratelli, incessantemente. La fiamma della fede cristiana si ravvivava a ciascuna delle loro preghiere. Roma non poteva ignorare quel fuoco brillante che ravvivava i cuori dei cristiani. Sofia e le sue figlie furono dunque arrestate e tradotte in catene davanti all'imperatore Adriano in persona – così avrebbero detto alcuni.
Davanti alla bellezza e alla semplicità delle imputate, però, i giudici si trovarono disorientati. Dissero loro che se ne sarebbero andate senza alcun castigo se avessero rinunciato a Cristo. Senza offese e senza timore, Sofia rispose che non avrebbe tradito il figlio di Dio.
Interrogarono poi le tre figlie, a parte, per far leva sulla loro giovane età. A Fede, che coi suoi 12 anni era la maggiore, offrirono bei doni che quella rigettò sdegnosa. Un carnefice la schiaffeggiò e poi le asportò i seni, prima di immergerla nell'olio bollente. La purezza della sua anima fece sì che nessun dolore la piegasse, e finirono per decapitarla.
A Speranza, decenne, si fecero le medesime promesse minacciandola di farle seguire la sorte della sorella. Senza esitazione, quella decise di seguire la maggiore: neppure quella sentì il bruciore delle fiamme e lo strazio delle tenaglie. Come per Fede, anche a lei solo il gladio diede la morte.
Carità, di un anno più piccola, si gettò da sé nelle fiamme in cui la minacciavano di buttarla, e quelle si scansarono per non bruciarla. Neanche con le membra slogate si piegò, e allora per la terza volta cadde la spada.
Il cuore di Sofia era straziato tra la pena di una madre che perde le figlie e la gioia di saperle accanto a Cristo, perché non avevano abbandonato la loro purezza. Per sfregio, le dissero di seppellire le bambine prima di ucciderla sullo stesso luogo della loro sepoltura.
Sebbene i dettagli storici siano difficilmente attingibili alla verifica, la leggenda del supplizio delle quattro sante rende comunque conto dell'impatto che esse hanno avuto sulla popolazione cristiana dell'epoca. La devozione si è sviluppata notevole in particolare a Bisanzio e nel mondo slavo.
Il culto si è propagato nella Chiesa indivisa, e si ritrova ancora sia tra i cattolici sia tra gli ortodossi. I nomi delle quattro sante aiutano anche una graziosa metafora: la sapienza genera e guida la fede, la speranza e la carità, le tre virtù teologali che ogni cristiano deve vivere e incarnare.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]