Nel corso della sua vita, Gian Lorenzo Bernini ha servito non meno di otto papi, tra cui il celebre Alessandro VII, per il quale lavorò moltissimo. È sotto il suo pontificato che lo scultore ha realizzato il celebre colonnato di Piazza San Pietro, ma anche opere più intime destinate ad ornare gli appartamenti pontificî.
Una di queste, da decenni ritenuta perduta, è stata da poco ritrovata a Dresda, in Germania, in occasione della preparazione di una mostra intitolata “Bernini, il Papa e la morte” e presentata alle Staatliche Kunstsammlungen, che raccoglie le collezioni d'arte in città. Si tratta di una testa di morto a grandezza naturale scolpita in marmo bianco di Carrare: il realismo è tale che lo si potrebbe confondere con un vero cranio.
Commissionata a Bernini da papa Alessandro VII subito dopo la sua elezione al soglio pontificio, nel 1655, questa testa si trovava sulla scrivania del Santo Padre per ricordargli la fragilità e la volatilità della condizione umana. Dopo la morte di Alessandro VII, il memento mori (“ricordati [che devi] morire”, in latino [N.d.T.]) è passato al nipote, eminente collezionista di antichità.
Nel 1728 la collezione di quest'ultimo, rimasta in possesso della famiglia Chigi, venne acquistata per Federico Augusto I di Sassonia, detto “Augusto il Forte”, principe elettore di Sassonia. Da quella data, il cranio è rimasto nelle collezioni della città di Dresda. Non essendo stato inventariato, è stato solo durante i lavori condotti in vista dell'esposizione che gli storici si sono posti a considerarne l'origine, e dopo diverse investigazioni negli archivi, il cranio è stato attribuito al Bernini.
Nel XVII secolo il rapporto con la morte, spesso rapida e talvolta violenta, era onnipresente, come testimonia il celebre ritratto del Papa che poggia la mano sul celebre cranio. La morte è una minaccia costante legata alle guerre e soprattutto alle malattie. Nel 1656, fra l'altro, Roma veniva colpita da un'epidemia di peste, ma le misure sanitarie rapidissimamente adottate da Alessandro VII permisero di arginare la propagazione del virus.
Portando quotidianamente lo sguardo su questo cranio poggiato sulla scrivania, il Papa s'imponeva l'obbligo di richiamarsi alla brevità della condizione umana e all'umiltà che deve accompagnarlo: l'oggetto è posto su di un cuscino rosso sul quale spiccano le lettere dorate “NON PECCABO” («non peccherò», in latino [N.d.T.]). Non si tratta di un rebus, ma di una frase che l'osservatore deve attribuire al soggetto/committente del quadro, cioè Alessandro VII: vi si legge in filigrana una importante citazione da Sir 7,40 («memorare novissima tua, et in æternum non peccabis», cioè «ricordati delle tue realtà ultime [la morte, il giudizio, l'inferno e il paradiso] e non peccherai mai» [N.d.T.]), che il Pontefice usava come fondamento della pratica di avere sul tavolo un oggetto di tanto pregevole fattura quanto di impressionante aspetto.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]