Quando non era in ginocchio accanto ai niños de rua, la si poteva trovare a colloquio coi loro genitori – in ascolto, al servizio. In ogni cosa l’animava un solo desiderio: donarsi per amore a Cristo. Anche a 83 anni, Natty Hollman de Petrosino non aveva paura di imboccare strade malfamate per raggiungere le famiglie meno fortunate dell’Argentina profonda.
Neppure la crisi sanitaria l’aveva arrestata: nell’acme della pandemia, non si era arresa a restare lontana dalla sua “famiglia in Dio” – cosa che le è valsa un procedimento giudiziario per il non-rispetto delle restrizioni di spostamento. Il 26 luglio 2021, però, Natty Hollman è entrata nella gioia del suo Signore.
Natty vide la luce in una famiglia dell’alta borghesia di Bahía Blanca, una città della costa argentina orientale. L’infanzia dorata la espose precocemente alle luci della ribalta: si spalancava per lei una vita da top model e da attrice di cinema. Nel cuore dei ruggenti anni ’60, iniziava a lavorare sui set e si sposava.
La sua corsa sfrenata, tuttavia, ebbe una brusca battuta d’arresto all’età di 27 anni: un cancro all’orecchio prima, un’operazione d’urgenza poi, la obbligarono a un confronto vis-à-vis con la morte, dal quale uscì viva ma non indenne. Sopravvissuta, la sua vita cambiò radicalmente: aveva avuto una “rivelazione”.
Totalmente rinnovata nella sua fede, nel 1978 fondò il foyer San Francesco d’Assisi. Il marito e le sue due figlie cooperarono al progetto. In questo luogo fondato su due piedi vengono accolte le persone marginalizzate, valide e handicappate. Ogni giorno, Natty Hollman de Petrosino distribuiva pasti a migliaia. Qualche anno più tardi, percepì di non essere ancora al suo posto: sentì di dover portare il suo amore e la sua attenzione a delle periferie umane ancora più lontane. Scoprì allora i Wichi, una minoranza autoctona negletta da tutti, che vive nel nord dell’Argentina.
Accogliendo questa nuova “chiamata”, Natty affidò la sua opera alla propria diocesi, quella di Bahía Blanca, a sud-ovest di Buenos Aires. Passò da principio più di qualche notte all’addiaccio, per farsi accettare dagli indios Wichi, i quali però le fecero presto posto nel loro cuore: ella divenne allora confidente, nonna, amica. Quando non abitava con la sua seconda famiglia, raccoglieva fondi per migliorare le loro condizioni di vita.
Non ha mai rifiutato di testimoniare la sua fede, ma la cosa che preferiva era vivere come Cristo, per «interpretarlo, e non soltanto citarlo»: quando non era al servizio dei Wichi, restava presso le comunità Mapuche della Patagonia, o ancora con le famiglie Huarpe della desertica provincia di Mendoza, nell’Argentina dell’Ovest.
Nominata nel 2009 per il Premio Nobel per la Pace, nel 2012 ricevette il premio Jaime Brunet International Award, dell’Università Pubblica di Navarra. Il suo compatriota Papa Francesco la invitò a Roma poco tempo prima della pandemia: la donna declinò l’invito per non sospendere il suo servizio presso i più emarginati.
Nel corso degli anni, Natty ha visto in simili sollecitazioni un segno di Dio che continuava a «rivolgersi a questo mondo». La scomparsa della Madre Teresa argentina lascia migliaia di orfani. Una vita piena, ma soprattutto una vita donata per gli altri.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]