Nell’introduzione aggiunta alla raccolta dei suoi testi sull’Europa, il papa emerito Benedetto XVI ha scritto che la pillola ha «trasformato le coscienze degli uomini, dapprima lentamente, poi sempre più evidentemente». La separazione tra la sessualità e la fecondità è stata, effettivamente, «uno sconvolgimento fondamentale» che pian piano ha condotto all’idea che tutte le forme di sessualità si equivalgano. Con la pillola, il mondo è entrato in una nuova era, a compartimenti stagni: una sessualità senza procreazione, una procreazione senza sessualità.
Alcuni s’irrigidiranno, senza dubbio, per questo nuovo attacco contro la pillola, feticcio più adorabile (anche per certi che si professano cattolici) dell’ostia consacrata. Nella loro sicumera di «esangui mummie progressiste» (l’espressione è di Houellebecq) ripeteranno ancora una volta che l’enciclica Humanæ Vitæ, che già nel 1968 metteva in guardia contro la contraccezione artificiale, avrebbe svuotato le chiese. Gli storici seri, come Guillaume Cuchet, hanno mostrato che l’abbandono della pratica era cominciato già da qualche anno, ma permangono militanti miopi i quali sanno, con una scienza quasi divina, che la Chiesa commise un peccato imperdonabile, il crimine di lesa modernità.
A quanti sono allergici da ogni parola proveniente dalla bocca di Benedetto XVI consiglieremo un autore a priori più moderno, Michel Houellebecq. Nel suo romanzo del 1998, Le particelle elementari, si resta colpiti da una diagnosi quasi pontificia, anche se il vocabolario utilizzato farebbe detonare un’enciclica come una bomba, se vi venisse utilizzato. L’episodio si colloca negli anni Settanta, in un camping a tendenza libertaria in cui l’eroe, Bruno, è venuto con l’unica speranza di incontrare delle donne, o meglio… dei corpi di donne. In mezzo a pagine che oscillano incessantemente tra la tentazione pornografica e la satira delle derive ridicole delle illusioni sessantottini, Houellebecq piazza all’improvviso un paragrafo puramente fattuale:
Se fossimo in un’aula del Ministero dell’Istruzione, negli uffici del Ministero della Salute o in una trasmissione di France Inter, il richiamo storico sarebbe immediatamente seguito da un commosso omaggio a quel momento decisivo nella via dell’emancipazione femminile, e immancabilmente da un inquieto ritornello sulle minacce reazionarie al progresso dell’umanità sessualmente appagata. E invece, ecco: Houellebecq, da grande romanziere, non rimpiazza la realtà con l’elogio della realtà fantasticata dalla propaganda; non confonde cioè la pillola col battage pubblicitario di cui essa è oggetto. Neppure giudica, ma constata: in un mondo che si idolatra al punto da celebrare incessantemente i beneficî di tutte le sue innovazioni, la constatazione è via di liberazione mentale. Ecco perché la diagnosi di Houellebecq, se non la sua stessa intenzione, è nettamente più vicina a quella di Benedetto XVI di quella di Olivier Véran:
Con la stessa radicalità del Papa emerito, Houellebecq non ha esitato a collegare la pillola alla distruzione della coppia e della famiglia, ultime «comunità intermediarie a separare l’individuo dal mercato». Il camping in cui s’installa il suo personaggio si chiama “Luogo del Cambiamento”, e il nome ci offre una divertente e involontaria eco allo “sconvolgimento fondamentale” evocato da Benedetto XVI. Niente riassume meglio questo cambiamento di falsa emancipazione di un’osservazione che si trova alla fine del romanzo, quando un’umanità aumentata prende il posto dell’uomo:
Va da sé che si affida tanto più il proprio corpo alla tecnica quanto più si deve decidere da soli.
Ascesa dell’individualismo mediante la pillola, nota Houellebecq. La donna che si abitua a essere la sola padrona della propria fecondità sarà tanto più incline, un giorno, a fare un bambino da sola, come già diceva la canzone. A partire da lì, poco a poco, partirà la tendenza non solo a fare a meno dell’altro sesso, ma indissociabilmente a considerarsi in sé e per sé come l’intera specie umana, invece di essere definiti innanzitutto dall’alterità. In linea di principio, il mio corpo sessuato m’insegna assai precocemente che io non rappresento se non una metà dell’umanità; esso mi annuncia l’altra metà come misteriosa, inquietante e desiderabile. In una parola, il mio corpo sessuato mi dice che esiste un secondo sesso. Esso impone dei limiti al mio fantasma di totalità, quegli stessi limiti ignorati dal bi-, dal trans-sessuale e dal non-binario.
Il collegamento potrà apparire brutale, ma per almeno due aspetti i trans sono i nipotini della pillola:
Concepita per evitare concepimenti, la pillola ha nondimeno avuto una discendenza: ha generato una generazione di sesso senza alterità. E dire che alcuni hanno fustigato Humanæ vitæ perché ritenevano che la Chiesa non dovesse immischiarsi dell’intimità delle coppie! La lucidità di Houellebecq e di Benedetto XVI ci suggerisce altro: a fronte della colonizzazione del corpo da parte del mercato e della tecnica, la condanna della pillola stava invece salvaguardando quel che restava dell’intimità e quel che restava della coppia.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]