Roma, 384. La città eterna è coperta di nubi grigie. Anche il cielo piange, in questo triste giorno. Per una volta, Girolamo non ha il naso incollato a uno dei suoi preziosi libri; non si sente neanche il grattare furioso della sua penna sulla pergamena, né le preghiere recitate ad alta voce. No, oggi il segretario di papa Damaso contempla tristemente la superficie vergine della sua tavoletta cerata: Blesilla, una vedova consacrata, figlia della sua amica Paola, è appena morta per via di una lunga malattia. Girolamo ha dunque deciso di scrivere una lettera a Paola, ma le parole faticano ad affiorargli all’anima.
Quando si tratta di difendere le sue traduzioni la penna diventa bruciante, spinta dalla passione; quando bisogna fare l’elogio della virtù, le parole gli vengono senza freni. Se si tratta di riportare sulla retta via gli amici sbandati, saprà essere severo tanto quanto lo è con i nemici della cristianità… Ma tutto l’ardore di cui è capace di dissolve davanti alla scomparsa di quest’anima bella. Allora giunge le mani e prega qualche istante prima di riprendere la penna.
Con la mano tremante, Girolamo fa anzitutto l’elogio della defunta. Dopo la morte del marito, Blesilla ha sacrificato tutto per il Signore. Girolamo loda la sua perseveranza nell’apprendimento del greco e dell’ebraico: aveva perfino venduto i suoi beni per darne il ricavato ai poveri! Passava lunghe ore in preghiera e studiava incessantemente i testi sacri. Scrive tra l’altro:
Il suo coraggio di fronte alla malattia l’ha poi resa perfino più virtuosa. Girolamo è sicuro che si sia presentata a Cristo senza macchia. Mentre prosegue il suo elogio, i ricordi si fanno più chiari e una lacrima gli cade sulla scrivania. E se questa è la sua pena, quale potrà essere quella della madre?
Si ferma un istante. La sua mano trema troppo, e allora posa la penna e prega di nuovo. Questo mondo imperfetto che ha ucciso il Cristo è pieno di ingiustizia. Cupidi e blasfemi pagani vivono a lungo e nel lusso sfrenato… e delle giovani cristiane virtuose muoiono!
La pena appesantisce il petto di Girolamo; al contrario, lo stomaco brucia. Il suo slancio naturale lo rode e lo porta a indignarsi per il fatto che sia tanto vistosamente in preda alla pena. Anche Paola ha smesso di mangiare e di dormire dalla morte della figlia. Una passione collerica s’impossessa allora della penna:
Scongiura Paola di gioire per la gioia della figlia: Blesilla conosce ora la gioia eterna insieme con Cristo! È morta nella virtù e non è accettabile sprecare lacrime su una sorte tanto dolce. Girolamo torna ad addolcirsi e chiede scusa all’amica: è ancora troppo presto per impartire lezioni a una madre che ha perso la figlia.
E allora torna a tessere l’encomio di Blesilla e della sua perfetta virtù. Se non avranno più la gioia di vivere in terra accanto a un’anima tanto bella, possono comunque rallegrarsi di avere presso Cristo un avvocato di grande calibro. Girolamo termina la lettera promettendo che Blesilla vivrà per sempre nei suoi scritti.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]