Durante i primi secoli dell'epoca cristiana, le comunità dei credenti vivevano in una società prevalentemente politeista ed erano mal visti dalla società, che li trattava con disprezzo. In un contesto ad essi ostile, i cristiani dovevano dunque adottare un profilo basso per evitare le persecuzioni.
Non avevano il diritto di raccogliersi per celebrare in comunità, ma potevano comunque sotterrare dignitosamente i loro morti. Ed è lì, nel cuore delle catacombe, che il cristianesimo si manifestò visivamente per le prime volte.
L'arte cristiana è nata in contesti funerari
Sulle pareti e sulle tombe, i cristiani iscrivono i simboli derivati dalla Bibbia, ma che erano pure correntemente utilizzati dalla società greco-romana. Una maniera ingegnosa di restare discreti, pur manifestando la propria appartenenza a Cristo. Dei bellissimi esempi sono ancora visibili nelle catacombe di Roma.
I simboli animali sono particolarmente gettonati: se il pavone ricorda la dea greca Era (Giunone in latino), per i cristiani esso divenne simbolo di eternità; se la fenice rappresenta l'immortalità per il suo leggendario potere di rinascita, esso divenne facilmente un simbolo di risurrezione tra i cristiani.
Tra gli altri simboli celebri si ritrova il pesce, il cui nome greco – “ichthys” – è l'acrostico della confessione di fede “Gesù Cristo è Figlio di Dio e Salvatore”. Molto utilizzato dai primi cristiani, per qualche tempo ha assolto alla funzione che in seguito avrebbe ricoperto la croce.
Anche alcune figure umane mutuate dal politeismo pagano si sono cristianizzate, come la figura dell'orante o l'immagine del “buon pastore”. Con l'Editto di Milano, del 313, il cristianesimo fu dichiarato “religio licita” e allora l'arte cristiana uscì dal mondo funerario per venire a manifestarsi nelle case e nelle basiliche.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]