Quattro anni dopo la morte di Arnaud Beltrame, nel corso dell’attentato di Brèbes, padre Jean-Baptiste Golfier, canonico dell’abbazia di Lagrasse che lo preparava al matrimonio con la fidanzata Marielle, descrive per Aleteia il senso del gesto estremo di Arnaud Beltrame, quando prese il posto di un ostaggio.
Quattro anni fa, il 23 marzo 2018, un terrorista islamista si lanciava in una corsa omicida attraverso la città di Trèbes, nella regione dell’Aude, prima di trincerarsi nel supermercato Super-U.
Arnaud Beltrame, un luogotenente-colonnello di gendarmeria arrivato sul posto tra i primi, si offrì in cambio di una giovane donna presa in ostaggio. Qualche ora più tardi, mentre si dava l’assalto, venne ritrovato agonizzante ai piedi del terrorista abbattuto. Malgrado le cure prodigate, morì prima dell’alba del giorno successivo.
Così si esprime padre Jean-Baptiste Golfier, il canonico dell’abbazia di Lagrasse e amico di Arnaud Beltrame, che anzi stava pure preparando al matrimonio con la fidanzata Marielle.
Lo abbiamo intervistato per voi.
Agnès Pinard Legry: Quattro anni dopo la morte eroica di Arnaud Beltrame, il gendarme dell’Aude resta una figura estremamente unitiva e “popolare”: il suo esempio viene regolarmente citato nei discorsi politici, la sua figura è presentata nelle scuole, il suo nome è stato dato a numerose strade ed edifici… lei come se lo spiega?
Padre Jean-Baptiste: È vero che le inaugurazioni si succedono con regolarità da quattro anni: ce ne sono state anche nel 2020, malgrado il lockdown! A oggi, si contano più di 350 città che hanno piazze, strade o scuole “colonnello Beltrame”, sono stati pubblicati cinque libri e un fumetto, sono stati prodotti documentari e altri progetti sono in corso…
Il suo eroismo ha colpito persone di tutti i partiti politici e di tutte le confessioni, di ogni livello e stato di vita. Semplice fascinazione per un gesto cavalleresco? Credo anche che il Signore voglia toccare gli animi con la bellezza di una testimonianza che ci raggiunge nel nostro quotidiano: una donna minacciata, un supermercato, un attentato… In una società che spaccia consumo e piacere, Arnaud ricorda che la nostra grandezza sta nel dono di noi stessi e nell’eroismo.
A. P.L.: Si sa qualcosa di più, sugli ultimi istanti di Arnaud Beltrame?
p. J.-B.: Si sapeva che aveva gridato “carica! carica!” ai suoi compagni del GIGN, che purtroppo non l’hanno sentito. Sono però da poco venuto a sapere che qualcuno dice di aver sentito, verso le 14:15 di quel 23 marzo 2018, prima dell’assalto finale, il terrorista proclamare una preghiera islamica (detta “di morte”) e il colonnello rispondere con preghiere cristiane pronunciate ad alta voce. Che scena, se è andata davvero così!
Arnaud sperava probabilmente di disarmare il terrorista negoziando, ma dovette sentire che la sua ora era arrivata e dovrebbe aver tentato di neutralizzare a mani nude il suo aguzzino armato di pistola e coltello. L’islamista replicò sparandogli due colpi. I due uomini si sono probabilmente battuti corpo a corpo, ma Arnaud – benché fosse eccellente in krav-maga –, ferito all’avambraccio e alla mano sinistra, nonché al piede destro, doveva ancora affrontare un’arma bianca. Insomma deve aver pregato e deve essersi battuto, memore del motto di sant’Ignazio: «Prega come se tutto dipendesse da Dio, agisci come se tutto dipendesse da te».
A. P.L.: Lei lo conosceva personalmente… Come interpreta il suo ultimo gesto, ossia il prendere il posto di quell’ostaggio?
p. J.-B.: Quella decisione non può essere che l’esito di un percorso di vita e di conversione che lo ha preparato al dono estremo. Mi sembra di che abbia vissuto una mirabile conformazione a Cristo, consegnandosi per salvare Julie [l’ostaggio, N.d.R.] e le altre persone minacciate. Il suo coraggio si è così espresso il venerdì precedente la domenica delle Palme, e i funerali sarebbero stati celebrati nel giovedì santo del 2018. Come Gesù, anche lui ha dato la vita per salvarne altre: come il chicco di grano caduto a terra, anche lui ha portato molto frutto… [cf. Gv 12,24].
A. P.L.: Che lezione ci dà il suo ultimo gesto?
p. J.-B.: Ne ritengo quattro. Le ferite e anche i fallimenti sono stati preziosi per cesellare la sua anima d’élite. Arnaud è stato ferito numerose volte, dalla sua infanzia, da delusioni e ferite affettive. Ne seppe trarre una delicatezza e una dolcezza, una compassione che equilibravano la sua forza e la sua ambizione.
La seconda è l’inaudita fecondità del suo gesto, che illustra quanto papa Francesco ha mirabilmente scritto appena quattro giorni prima dell’attentato:
Mettere a rischio la propria vita per salvarne delle altre, come egli ha fatto quattro anni fa, mentre era fidanzato e mancava pochissimo al suo matrimonio religioso, ci rimanda al senso delle nostre esistenze, alla superiorità dell’amore sull’egoismo, del coraggio sulla comodità.
E ci insegna anche che una conversione, un eroismo, può accompagnarsi a fragilità e ad errori, come la massoneria alla quale egli aveva aderito prima della sua conversione, senza avvertirne l’incompatibilità con la fede cattolica. Arnaud era un peccatore che voleva progredire. Era in viaggio per la santità, ma non era ancora arrivato a destinazione. I suoi difetti lo rendono più abbordabile di un supereroe cinematografico. In fin dei conti, tutti siamo circondati da tutto un mondo invisibile dominato da Cristo e dalla Vergine Maria, popolato di santi, di angeli… e di demonî. Arnaud lo sapeva e ne parlava. Amava così tanto san Michele e Nostra Signora! La nostra vita terrena non è che un passaggio. Forse il suo gesto è stato un indice puntato verso il Cielo. Non dimentichiamo che la patria terrena deve essere un trampolino verso il Cielo.
A. P.L.: Lei stava preparando Arnaud Beltrame e la fidanzata Marielle al matrimonio religioso… come le appariva?
p. J.-B.: Un uomo singolare: gendarme d’élite, ufficiale di grado, cristiano convertito, intelligente, sportivo, volitivo e conseguente. La sua fidanzata Marielle e lui venivano ogni mese a degli incontri per le coppie a Narbonne oppure all’abbazia di Lagrasse.
Arnaud colpiva per la vivacità, la gioia contagiosa e l’aperta testimonianza della fede ritrovata. Appassionato di gendarmeria, fiero del suo passaggio all’EPIGN, amava appassionatamente la Francia, la sua grandezza, la sua storia, le sue radici cristiane che con la conversione aveva riscoperto. La sua dichiarazione d’intenti per il matrimonio religioso, che mi aveva mandato via mail due giorni e mezzo prima dell’attentato, e che resta il suo testamento spirituale, rende testimonianza della sua elevazione spirituale.
A. P.L.: Qual è stato il cammino di fede di Arnaud Beltrame?
p. J.-B.: Ha vissuto una ricerca lenta fra il 17 e i 25 anni. Battezzato, sì, ma senza ricevere alcuna educazione religiosa. Si interessò poi allo sciamanesimo, alle leggende di Brocéliande… poi a poco a poco si è avvicinato alla’bbazia di Timadeuc (Morbihan), e le sue discussioni coi monaci – in particolare con fratel Marc, oggi deceduto – lo portarono alla conclusione che la verità si trova nella fede cattolica. Fu allora che scrisse la sua toccante professione di fede, nel Natale 2008:
In seguito ricevette la prima comunione e la confermazione, nel 2009 (a 36 anni). Arnaud era un convertito, un vero apostolo! Aveva sempre un rosario in tasca, e molti oggetti religiosi. Parlava molto della sua fede ai colleghi, ed era affascinato dalla cavalleria medievale, vista come un dono della propria forza fatto per proteggere. Nel suo ufficio aveva scritto su una lavagna bianca il motto dei cavalieri templari: «Non nobis, Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam» («Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria» [dal Sal 115]).
A. P.L.: Potrebbe diventare una figura di santità?
p. J.-B.: Siamo aperti e restiamo prudenti. L’Ordinario Militare, mons. Antoine de Romanet, ha dato nel 2019 il suo imprimatur per una preghiera rivolta non ad Arnaud bensì a Cristo. Questa preghiera lascia uno spiraglio al fatto che si possano chiedere a Cristo cose menzionando l’esemplarità di Arnaud. Già alcune persone dicono di aver ottenuto delle grazie, ma la Chiesa è sempre molto prudente.
Arnaud non è un martire. Se un giorno venisse beatificato, ciò non potrebbe accadere a mio avviso per un “martirio della fede”, ma semmai grazie al motu proprio con cui papa Francesco nel 2017 apriva una nuova via di beatificazione per quanti,
Ove fosse il caso, sarebbe il vescovo di Carcassonne, o l’Ordinario Militare, a pronunciarsi. Bisognerebbe che ci fosse fama di santità, e comunque non lo si potrebbe fare che ad almeno cinque anni dalla morte, cioè a partire dal 2023. In ultimo, una beatificazione necessita un miracolo ottenuto mediante la sua intercessione. A oggi diverse persone mi hanno parlato di grazie eccezionali ricevute. Le più spettacolari sono due conversioni… tra cui quella dell’ostaggio, recentissima! Credo che Arnaude abbia salvato il suo corpo perché Gesù potesse toccare la sua anima.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]