L’infedeltà sessuale è il proprium dell’essere umano? È questo il parere di tutta una corrente di pensiero che tenta di decostruire le “norme sociali” in nome della scienza. Ecco però che la scienza sembra in grado di smentire queste teorie libertarie.
Per infrangere i punti di riferimento giudicati liberticidi e abbattere i muri portanti dell’antropologia, si fa talvolta appello ai naturalisti, come se l’essere umano fosse un animale al pari degli altri. Dagli uccelli volubili ai pesci “transgender”, passando per i fragili pulcini precocemente eliminati dai loro genitori, la natura formicola di esempi da seguire… o no. Alcuni ricercatori di biochimica si sono dati a loro volta da fare per “provare scientificamente” che l’amore duraturo sarebbe un’utopia. Corre ancora fra costoro l’idea che la passione amorosa tra un uomo e una donna durerebbe fra i tre e i sette anni, prima di estinguersi inesorabilmente. Una questione di chimica neuronale.
Il matrimonio che dura: un’eccezione?
psychologie.com offre un articolo datato marzo 2021 intitolato Pourquoi l’amour dure trois ans [Perché l’amore dura tre anni, N.d.T.] che comincia così: «Tanto peggio per i romanticoni! Secondo le leggi della biologia, l’amore è un processo biochimico di breve durata». Segue l’intervista a Lucy Vincent, PhD in neuroscienze. La ricercatrice del CNRS lascia intendere che i nostri cervelli sarebbero concepiti per non legare due genitori se non fino ai tre anni della loro prole, dopodiché quest’ultima non avrebbe bisogno che di un solo genitore. Anche se l’esperta non esprime esattamente quel che suggerisce la presentazione della sua intervista, ella spiega anche come far durare il legame coniugale. La fedeltà viene comunque guardata sfavorevolmente.
Per i decostruttori, inutile accanirsi: l’essere umano sarebbe programmato per una serie di incontri amorosi descritti come effimere dipendenze reciproche, e nulla che abbia a che fare con l’impegno. Gli adepti del matrimonio duraturo sarebbero felici – o tristi – eccezioni. È la tesi sviluppata da Marcela Iacub, direttrice di ricerca nel Laboratoire de démographie et d’histoire sociale de l’école des hautes études en sciences sociales (EHESS), nel suo saggio vaticinante “La Fin du couple” [La fine della coppia, N.d.T.] (Stock, 2016). La ricercatrice e militante s’iscrive nella tradizione del filosofo libertino Charles Fourier (1772-1837), che già all’epoca condannava senza appello non soltanto l’istituto matrimoniale – giudicato ingiustamente costrittivo –, ma anche ogni forma di sessualità e di affettività confinato nella coppia fedele. Egli vedeva del resto nella gelosia un sentimento barbarico.
Il veleno del dubbio
Pur senza spingersi a sposare (sic!) simili oltranzismi, la società è comunque influenzata da queste teorie. Esse possono instillare il veleno del dubbio in quanti faticano a restare fedeli. Da decine di anni esse dànno forma ai perniciosi articoli che presentano – sotto copertura di “parere di esperti in scienze sociali o neurobiologiche” – l’adulterio come “naturale” o come “benefico per la coppia” – lo si suggeriva apertamente in questo articolo pubblicato nel 2014 su Madame Figaro: Quand l’adultère renforce le couple[Quando l’adulterio rinforza la coppia, N.d.T.].
Quanto ai giovani, essi sono regolarmente messi in guardia contro il difetto di consenso, le malattie sessualmente trasmissibili e le gravidanze non desiderate, ma la fedeltà sessuale non viene mai presentata loro come qualcosa di desiderabile, possibile e benefico. Eppure per la grande maggioranza essi la desiderano ancora, e sono ben lungi dal mettere in pratica i vaticinî distopici di un Fourier. L’Iftop ha intervistato, per l’edizione 2022 del Sidaction, 1.000 giovani tra i 16 e i 24 anni sulla loro vita sessuale: il 43% non ha avuto rapporti sessuali nell’anno precedente, e il 45% ha avuto un solo partner. Tra quanti hanno affermato di aver avuto un partner regolare, il 93% gli si è conservato fedele. Sono dati stabili.
La biochimica del legame coniugale
Ecco allora che la biochimica del cervello viene in soccorso alla fedeltà. E lo dice un recente articolo dell’Huffington Post, che getta un sasso nello stagno libertino. Intitolato Le secret d’un amour qui dure toujours ? [Il segreto di un amore che duri sempre?, N.d.T.], il suo autore pone anzitutto che «il nostro cervello è programmato per l’amore duraturo», e che «ora conosciamo i pilastri biologici e le connessioni cerebrali che permettono la sincronia degli innamorati». Questo elisir d’amore si chiama “ossitocina”. Il celebre ormone è presentato come uno dei «pilastri biologici dell’amore duraturo». Una sfilza di scienziati descrive questa scoperta che «rimette totalmente in questione i nostri preconcetti sull’amore».
Secondo il neurobiologo americano Larry Young, in particolare, il legame monogamico fra esseri umani è legato a meccanismi cerebrali tipo quelli che legano una madre ai figli. Lo studio del funzionamento cerebrale degli amanti porta a consigli che non hanno nulla da invidiare a quelli dei consulenti coniugali: non lasciare che lo stress uccida l’amore, al contrario nutrirlo con attività positive vissute insieme. E annota come – a complemento delle relazioni sessuali e della tenerezza – la gioia, l’entusiasmo, l’ammirazione, la contemplazione della natura o la contemplazione tout court, insomma ogni emozione che elevi l’anima, rinforzi sul piano biochimico il legame coniugale.
Rivincita dell’ecologia umana, l’amicizia coniugale di lungo corso – che include il “sesso duraturo” – è un’avventura attraente che rispetta pienamente la nostra natura sessuata. Che questa natura spinga per la fedeltà non stupirà quanti hanno deciso di viverla. Le coppie che fanno fatica a riparare i loro legami sfilacciati ne saranno invece incoraggiate. Quanto ai numerosi giovani che ancora sognano “il grande amore” che dura per la vita, potranno realizzare questo sogno.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]