Dire “Sì” a qualcosa, donarsi ad essa, è un accordo pericoloso, e tuttavia tutti noi, ciascuno di noi, fa degli accordi. Diamo via piccoli pezzi di noi nel matrimonio, nella genitorialità, nelle amicizie, nelle passioni, nei sogni. È pericoloso, ma necessario. La donazione di sé è il significato dell'amore. Se non ci doniamo, non siamo niente.
Uno degli sforzi più impegnativi che ho intrapreso a livello personale è stato diventare padre. La nostra prima bambina mi ha conquistato completamente nel momento stesso in cui è nata. Ero spacciato. Assumere la sfida di amare i miei figli mi ha reso un uomo completamente nuovo.
I miei figli sono perlopiù ancora piccoli. Tutti vivono ancora in casa con noi, ognuno impegnato a suo modo a sgranchirsi le gambe e a scuotere l'umidità dalle ali. Sono ancora sotto l'influenza della vita domestica che la loro mamma e io abbiamo creato per loro, ma quando sarà ora che il primo lasci il nido sospetto che ne rimarrò distrutto.
Quando ero un giovane padre, ponevo domande ai papà con più esperienza. Volevo carpire i loro segreti genitoriali. Ora che ho fatto esperienza anch'io, i padri più giovani mi pongono le stesse domande che ponevo io una volta. Non sono affatto un esperto, ma riesco almeno a identificare gli errori che ho commesso e a spiegare cosa non fare.
In questo senso, mi sento più sicuro rispetto a 15 anni fa. C'è però ancora una domanda che pongo regolarmente ai genitori più grandi, quelli che hanno figli adulti: come avete fatto a crescere figli che sono ancora cattolici fedeli e praticanti?
Questa è la domanda che ritengo più importante. Mi interessano di meno le questioni genitoriali tecniche, le opzioni educative, la preparazione a carriera, sport e così via, e più come aiutare i miei figli ad essere felici.
Per un cattolico, la questione della felicità è come quella della santità. Come rimanere fedeli e diventare un giorno santi? Questa è la via che porta alla felicità, e quindi sono estremamente interessato a come instillare nei miei figli il desiderio di amare Dio.
Il mio amico Bill è cauto: “I genitori si prendono troppi meriti quando i figli diventano buoni e troppo biasimo quando diventano cattivi. Ho visto troppi genitori che sembrano fare tutto bene e ne hanno tuttavia almeno uno che si svia”. Un'altra amica, Janet, concorda, rispondendo alla mia domanda in modo criptico: “La mia reazione immediata è dire che non c'è un segreto”.
In altri termini, non c'è un'unica tecnica genitoriale che assicuri che la nostra fede verrà trasmessa.
Non è questione di iscriverli alla scuola religiosa giusta, mettere loro in mano i libri giusti, un curriculum religioso specifico, andare nel tipo “giusto” di parrocchia o tenerli lontani dalla cultura pop. Una delle grandi frustrazioni dei genitori cattolici è che il processo di trasmissione della fede resta un mistero.
Nelle risposte dei genitori che ho interpellato nel corso degli anni ho tuttavia riscontrato un tema ricorrente.
Janet, ad esempio, dopo aver espresso scetticismo dice: “Se avessimo un ingrediente segreto, sarebbe il fatto che siamo cattolici”.
Bill afferma che “non c'è sostituto per il fatto che ci vedano lavorare per la nostra salvezza con paura e timore e non agire senza convinzioni”.
Denise indica il marito, Tony, che ha guidato attivamente i suoi figli in preghiera a casa: “Abbiamo recitato due novene per qualche decisione difficile che dovevamo prendere e i bambini vedevano Tony guidarli ogni sera senza esitazione. Questo ha mostrato loro che dipendeva da Dio”.
Carolyn parla di come la sua famiglia non si limiti a “credere” alla fede, ma la viva. “Vivere in base al calendario della Chiesa. L'incredibile bellezza dei suoi periodi, dei suoi insegnamenti e della verità stessa. È questo che mantiene la gente innamorata del Signore”.
Ecco quindi il fattore insostituibile nell'allevare figli che pratichino la propria fede: i genitori la vivono attivamente. I bambini devono vedere che siamo autenticamente cattolici nella nostra vita quotidiana. Ciò vuol dire più di una singola ora per la Messa la domenica e di una lezione di catechismo a settimana. È la preghiera a casa, celebrare le feste, rispettare i digiuni, i venerdì senza carne, celebrare i giorni festivi, arte religiosa alle pareti, leggere storie di santi, tanto amore, gioia e felicità – non costringendo mai i bambini ad aderire alle nostre convinzioni, ma permettendo loro di testimoniare la felicità dei loro genitori e di vedere anche la difficoltà di vivere la fede.
Detto questo, i bambini crescono e compiono le proprie scelte. Alcuni, nonostante i nostri sforzi migliori, potrebbero non diventare cattolici praticanti da adulti. Ciò non vuol dire che come genitori siamo stati un fallimento. Abbiamo fatto del nostro meglio. Il compito genitoriale, ad ogni modo, non finisce mai. Continuate a pregare per i vostri figli, vivete la fede e amateli. È tutto quello che ciascuno di noi può fare. È il rischio dell'amore.
Non penso che nessuno dei genitori con cui ho mai parlato rimpianga di aver accolto dei figli nella propria vita, anche se i figli si sono allontanati dalla loro tradizione di fede. In parte, sospetto, è perché i genitori si avvicinano in modo personale al potere miracoloso e trascendente dell'amore. La mia preghiera quotidiana è che l'amore cambi prima me stesso, e poi attraverso di me raggiunga i miei figli.
La fede è sempre un salto, e io sono stato prodigamente dispendioso con le benedizioni di Dio più volte di quante ne riesca a contare. In qualche modo, oggi ho una fede forte. Chi sa come? Dio chiama ciascuno di noi nella sua modalità. Come padre, sono solo uno strumento della voce del Creatore, e quindi mi sforzerò di permettergli di cantare in modo chiaro e forte attraverso di me.