Olimpiade non aveva che 19 anni, quando perse il marito (dopo soltanto 20 mesi di matrimonio). Ereditò una immensa fortuna, e agli illustri natali (era figlia di console) si aggiungeva in lei una splendida bellezza. Non c’è dunque da stupirsi, che tutti gli uomini del suo rango in cerca di moglie sgomitassero per chiederla in sposa. La giovane vedova aveva però altre ambizioni…
Senza frapporre tempo, vendette abiti e gioielli, vestì una sobria tunica e fece elemosine senza calcoli: eresse ospedali, monasteri e case per i poveri. La sua generosità era tale che aiutava tutti quanti le chiedevano aiuto, anche se non versavano in vero stato di bisogno – a tal punto che Giovanni Crisostomo, il patriarca di Costantinopoli (nonché padre spirituale di Olimpiade) si fece un dovere di metterla in guardia contro quanti abusavano della sua generosità. Seguendo il consiglio, la giovane si volse allora prevalentemente ai veri bisognosi. Giovanni la istituì diaconessa.
Quando però le riforme di Giovanni Crisostomo diedero troppo fastidio alle autorità politiche della Capitale, soprattutto all’imperatrice Eudossia, il patriarca finì in Esilio. Olimpiade non smise mai di difenderlo, malgrado l’assenza. Per questo fu calunniata senza riguardo: la accusarono di aver appiccato il fuoco alla basilica di Haghia Sophia e le fu impedito di condurre a termine i suoi progetti. Ferita nell’animo, scrisse a Giovanni, il quale le rispose con molte lettere persuadendola della bontà del suo operato. Si rallegrò con lei per il suo lavoro e per la sua devozione: «Trascina con l’esempio», le scriveva.
Grazie alle sue parole, Olimpiade continuò ad operare indefessamente. Quando le mettevano i bastoni tra le ruote su un progetto, lei ne avviava di nuovi. Anche dopo la morte del suo padre spirituale, sopportò le avversità con grazia e proseguì a operare fino alla morte, giunta nel 408.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]