E’ noto che il Santo Padre, dopo la sua morte, viene imbalsamato anche allo scopo di poter esporre la sua salma ai fedeli.Personalmente non approvo questo modo di agire. Certamente l’imbalsamazione poteva essere necessaria quando non vi erano i frigoriferi adatti allo scopo. Il Papa, anche dopo essere passato a miglior vita, merita il massimo rispetto. Oggi giorno è possibile allestire dei catafalchi refrigeranti per il defunto, in caso di necessità, senza oltraggiare le spoglie di “Pietro” con pratiche arcaiche e obsolete. Il Pontefice, in effetti, è un uomo come tanti altri anche se, in vita, ha avuto dal Signore l’incarico più importante in seno alla Chiesa. Io credo che, invece, di ricorrere all’imbalsamazione sarebbe più utile disporre l’autopsia per un accertamento scientifico in merito alle cause del decesso. Probabilmente, non sono certo, occorrerebbe modificare il codice di diritto canonico ! Un grazie anticipato per la risposta del teologo.
Angelo Secondo Giroldo
Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto Canonico
La curiosità è spesso segno di intelligenza e l’argomento che il lettore ci propone credo che sia capace di suscitare almeno qualche interesse oltre a una certa dose di curiosità.
La morte di un Pontefice, pur appartenendo alla condizione condivisa da tutti i mortali, non può essere vista come un evento che lo associa nello stesso modo a quello degli altri uomini. I riti, le usanze, l’osservanza di un rigoroso cerimoniale, contraddistinguono la scomparsa di qualsiasi personalità di tale rango. Non dimentichiamoci che il Romano Pontefice oltre a essere capo spirituale della Chiesa cattolica è anche un sovrano monarca. Un titolo divenuto sempre più desueto, che però nei fatti continua a sopravvivere, anche se molti segni esteriori, inclusa la nomenclatura, sono andati progressivamente scomparendo con gli ultimi Papi.
La morte di un Pontefice non poteva sfuggire a un complesso di norme regolatrici di quel vasto cerimoniale nel quale si inserisce lo svolgimento di tutte le sue attività pubbliche, pastorali e di governo.
La constatazione di morte veniva svolta con una procedura molto empirica e solenne, senza alcun riferimento a cognizioni medico scientifiche, affidandone l’accertamento al cardinale camerlengo che con tre colpi dati con un martello d’argento sulla testa del Papa gli chiedeva contemporaneamente per ognuno di essi di rispondere se era vivo, “vivis?”. La mancata risposta ai tre colpi equivaleva alla diagnosi di morte formalizzata con la frase: il Papa è morto per davvero “vere Papa mortuus est” che dava ufficialmente inizio alla Sede vacante in cui si svolgevano i novendiali, le esequie e il conclave, come accade ancora oggi. Nessun commento su questa procedura se non che ogni cosa ha un senso se viene letta e interpretata secondo le categorie del proprio contesto storico.
L’imbalsamazione del corpo dei defunti Pontefici è stata una pratica molto antica che ha conosciuto alcuni cambiamenti nelle modalità di esecuzione, finalizzata alla loro conservazione, seguendo una procedura simile a quella degli Egizi con l’asportazione degli organi interni – chiamati precordi – in particolare il cuore e gli organi vicini al cuore.
I precordi venivano custoditi in urne di porfido in una cripta dietro l’abside della chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio presso Fontana di Trevi. Era la parrocchia del Quirinale dove avevano dimorato i Pontefici fino al 1870. Nella chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio sono custoditi i precordi di ventitré Papi da Sisto V a Leone XIII. L’imbalsamazione fu abolita da quando Pio X nel 1904 espresse nel suo testamento la volontà di non essere sottoposto a tale pratica.
Oltre alla conservazione dei corpi può essere interessante sapere che in tutta Europa si era affermata la consuetudine di dare al cuore di un defunto di rango una sepoltura privilegiata. Per esempio la collezione della basilica di Saint Denis, che raccoglie il cuore di S. Luigi IX re di Francia (1215-1270) e dei successori fino alla rivoluzione francese; la collezione di Augustinerkirke di Vienna, dove si trova la herzgruft, in cui sono custodite 54 urne con cuori di personaggi imperiali deceduti tra il 1637 e il 1878; la collezione della Cappella della Patrona Bavariae, che raccoglie tutti i principali elettori e re bavaresi. Il cuore di San Francesco di Sales morto a Lione nel 1622, è conservato nella Chiesa del Monastero della Visitazione di Treviso, Il cuore di San Camillo de Lellis (1550-1614) contenuto in una teca di cristallo di Murano è conservato presso la Casa Generalizia dell’Ordine dei Ministri degli Infermi. E così molti altri.
In tempi più recenti la procedura di mantenimento del cadavere non è più un intervento invasivo come per l’imbalsamazione, ma è una preparazione del corpo in modo da mantenerlo in buono stato conservativo durante tutti i giorni dell’esposizione della salma al pubblico. Una miscela di acqua, formaldeide e altri prodotti chimici viene inserita nel sistema circolatorio, nella cavità toracica e addominale che per gravità raggiunge anche gli organi cavi prima di essere attaccati dai batteri. Il procedimento richiede molta competenza da parte di un tecnico specializzato in materia detto “tanatoprattore” e si basa essenzialmente su due operazioni: l’iniezione di una soluzione conservante fatta per via arteriosa e il drenaggio dei liquidi biologici, delle materie e dei gas tramite prelievo; l’obiettivo di questo metodo è infatti quello di sospendere l’autolisi del corpo. L’esecuzione di queste fasi tecniche consiste nell’arrivare alla saturazione completa dei tessuti con la soluzione chimica.
Da questo rapido excursus si può capire che l’argomento che riguarda la dipartita del Papa, e tutto quello che ne segue, è materia che viene disciplinata con regolamenti disposti da lui stesso, o mantenendo quelli in uso o apportandovi cambiamenti in previsione della sua morte.
Il Codice di Diritto Canonico, cui fa riferimento il lettore e di cui il Papa è legislatore, ha tutt’altra finalità come strumento che entra nella vita della Chiesa per aiutarla a realizzare la missione salvifica che il Signore le ha affidato e non si occupa di disciplinare le procedure da seguire per il trattamento delle spoglie del Papa defunto. Spetta unicamente allo stesso Papa decidere come esse dovranno essere trattate fin dal momento dell’accertamento del suo decesso disponendo nuove norme o lasciando invariate quelle in uso.