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La paura di sentirsi brutti

La belleza física llega a ser una preocupación excesiva para muchas personas.

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Guillermo Dellamary - pubblicato il 01/09/22
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Tanti giovani e anche adulti si sentono brutti in una società che tende a sopravvalutare la bellezza fisica. Uno psicologo spiega quale dev’essere il nostro atteggiamento di fronte a questo fenomeno sociale e culturale

Tanti giovani, e anche adulti, si sentono brutti in una società che tende a sopravvalutare la bellezza fisica.

Il disagio può diventare così grave da influire sull’autostima e sullo sviluppo sociale, sentendo che la “gente bella” ha più successo ed è più accettata di loro.

Siamo di fronte a un fenomeno sociale molto complesso e di grandi proporzioni, aumentato dall’affanno di sembrare attraenti - il trucco, il taglio di capelli, gli abiti, i gioielli e ogni tipo di accessori di lusso che rendono più attraente la persona agli occhi degli altri.

Gustavo Pietropolli, un clinico che ha studiato i processi evolutivi degli adolescenti, ha messo il dito sulla piaga circa questo problema così delicato facendo riflettere sul rapporto che abbiamo con il nostro corpo e sulla tremenda paura di sentirsi brutti.

Il problema si acuisce nei giovani

Sono soprattutto i giovani a porre troppa enfasi sull'apparenza e a tendere a diventare critici molto severi dei propri compagni. Lineamenti del viso, colore della pelle o degli occhi o origini etniche possono essere oggetto di derisione o svalutazione di una persona fino a farla sentire molto male.

Ora che i tassi di obesità sono aumentati e si deve avere un corpo molto «atletico», coloro che non soddisfano questi standard possono sentirsi a disagio per il corpo che hanno, al punto di soffrire di disturbi alimentari come la bulimia e l'anoressia, oppure si diventa dipendenti dalle palestre e da ogni tipo di attività fisica pur di avere un corpo attraente, ammirato e “approvato” dagli altri.

Non “rispettare gli standard”

In generale, si sentono brutti o a disagio coloro che sono obesi e non soddisfano certi modelli che la bellezza universale ha proposto attraverso le grandi firme della moda, i concorsi di bellezza o la pubblicità e la propaganda commerciale che sottolinea cosa significhi essere belli.

Guardandosi allo specchio, i giovani possono essere estremamente critici nei confronti del proprio volto o del proprio corpo, e arrivare a sentirsi così a disagio che la bruttezza li invade al punto di sentirsi rifiutati e poco attraenti, soprattutto quando vedono il successo dei loro coetanei, che ovviamente risultano essere più belli e attraenti di quanto si sentano loro.

Nel suo libro sulla paura di essere brutti, Pietropolli lo analizza ampiamente, e la sua proposta ci porta a porre l'accento su una questione che dobbiamo affrontare in modo ottimistico.

Il compito degli adulti

Uno dei primi punti che dobbiamo analizzare è quanto noi adulti promuoviamo l'idea che il bello sia migliore.

Forse non lo facciamo consapevolmente, ma nel momento in cui sottolineiamo che una persona sembra molto più bella e attraente quando si veste bene, come per una festa, o indossa abiti alla moda, avalliamo l'idea che le persone valgano per “l'imballaggio”, “l'involucro”, e non per il loro modo di essere, per la loro personalità, e soprattutto per il cuore, gli atteggiamenti e il modo in cui trattano gli altri.

Dov’è il nostro valore?

Vale la pena di prendere coscienza del grande valore che le persone hanno per ciò che sono, e non per quello che sembrano. Un'auto di lusso, un paio di scarpe di marca o una borsa di una casa di prestigio non devono colpirci. Sono cose superflue perché, come dice bene il proverbio, «anche se la scimmia si veste di seta, resta sempre scimmia». Chi è istruito e di classe si nota, indipendentemente dal modo in cui è vestito. Il suo linguaggio del corpo parla molte volte più degli abiti o del trucco che indossa.

Dobbiamo sottolineare che la vera bellezza non è quella che si possiede nel corpo, ma quella degli atteggiamenti, del comportamento e dei valori che si esercitano giorno per giorno.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 2500, mostra quanto sia importante concentrarsi sulla bellezza interiore più che su quella esteriore: “la pratica del bene si accompagna ad un piacere spirituale gratuito e alla bellezza morale… La verità è bella per se stessa”.

Il cammino della verità è quindi anche quello della bellezza e del bene. Da ciò deriva l’importanza di trasmettere il grande valore di non classificare le persone per il fatto di essere belle o brutte. Ciò si riferisce soprattutto al fatto di non fare commenti sulla bellezza di alcune persone e di rimanere in silenzio di fronte a chi esteriormente sembra non averla.

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