Dignità naturale e capacità giuridica
Aborto e capacità giuridica del feto. Questo il tema proposto dalla presentazione del DDL Gasparri e rilanciato dalle reazioni scomposte e scandalizzate che si sono susseguite non appena la notizia si è diffusa. Tale capacità viene riconosciuta attualmente dal nostro codice civile al momento della nascita, anzi è ad essa subordinata.
Pur comprendendo razionalmente e sostenendo con tutta me stessa la verità evidente, vincolante e commovente della dignità della persona umana fin dal concepimento, non sono in grado di approcciare per intero l'enormità del tema, soprattutto le sue implicazioni normative che questa modifica comporterebbe.
La strada della capacità giuridica è la via giusta per riconoscere (non attribuire, poiché esiste già) dignità al concepito? La Chiesa cosa dice al riguardo? Parla di dignità e di diritti da riconoscere alla persona fin dal concepimento, ma non di doveri, cosa che la capacità giuridica implica:
"Che tempo che fa"? Variabile
Nemmeno la signora Littizzetto, una delle tante voci che si sono levate, si dimostra all'altezza della questione. E infatti fa quello che si sente chiamata a (e pagata per) fare, investita come fosse un predicatore, del compito di farci il sermone. Richiami moraleggianti, immagini patetiche, sentimentalismo, casi limite. Argomenti sostanziali? nessuno. Il cuore della sua argomentazione semi-comica a Che Tempo che Fa di domenica è uno:
L'aborto non si tocca, la 194 non si tocca, la donna sa, la donna sola deve decidere (che a me pare di intendere come "la donna è lasciata sola". E i padri? perché loro possono approfittare di questa esclusione o devono subire il dolore enorme di non poter proteggere loro figlio?). Queste cose ripete come antifone alla fine dei salmi, per restare sul registro liturgico.
Vietato toccare
Ciò che non può essere toccato è, di norma, una cosa orrida, oppure sacra o pericolosa o, ancora, molto fragile al punto che un tocco, anche un semplice tocco, la distruggerebbe.
Credo che in questo caso ci siano tutti gli aspetti: di pseudo-sacralità laica, come l'aborto fosse una specie di perverso sacramento da venerare e di cui nutrirsi, e la sua difesa un dogma che tutti, presbiteri, consacrati et ceteri fideles devono credere e proclamare.
Di cosa sporca, piena di orrore e brutalità al punto che nessuno, nemmeno chi lo difende e ne parla secondo galateo, ha voglia di guardarlo sul serio da vicino (salvo pazzi attratti dal male in sé, col gusto, per esempio "di frullare i bambini");
Tabu
ne parla con finta nobiltà, la Littizzetto, come a dire, "l'aborto, che tutti sappiamo cos'è" - e non è affatto vero, poiché sapere una cosa significa conoscerla e ricordarsela, chiara, davanti agli occhi della mente e nel contorcersi delle viscere; ne parla per dire sempre ai suoi da che parte sta, ma ne parla in fretta, rifuggendo il tema centrale.
Dell'aborto si parla e si tace anche come di cosa pericolosa, letale. Mai per la vittima, a dire la verità. Pericoloso avvicinarsi perché intacca diritti acquisiti e costantemente minacciati - dicono; pericolosa perché riguarda il potere delle donne (non era meglio non averlo, un simile potere?), mortifera perché, se non applicata in tempo, può infliggere a qualcuno la compagnia di figli malati il che equivale a morire lentamente - lo dirà la Littizzetto, nel crescendo di domande retoriche su chi sarebbe lei per capire e giudicare cosa viva una donna vittima di stupro, di povertà economica, della sua stessa età troppo giovane.
Le leggi intoccabili sono altre
Ha anche l'aspetto di cosa fragilissima, infine. Perché, per quanto la legge 194, di cui il ddl Gasparri non ha per oggetto la modifica, poiché si parla dell'articolo 1 del codice civile, sia incastonata nel nostro sistema legislativo, inculcata come diritto, imparata, male, come pratica contraccettiva, insegnata a maschi e femmine come opzione sempre disponibile, poggia su una menzogna grande come il mondo. E ci sono esempi, in paesi grandi come un terzo del mondo, in cui quell'impalcatura ha iniziato a vacillare. (Vedasi il ribaltamento della sentenza Roe vs Wade)
Che vuoi che abbia fatto la Lucianina nazionale dal tavolo di vetro di Che tempo che fa se non il canto finale della solita trita liturgia che celebra il corpo delle donne come fosse un garage? Niente; una schitarrata, due risatine e poi tutti a casa.
Un pensiero debole e arrogante che si appella ad assiomi indimostrabili per chiudere una discussione che non si accetta di riaprire. Cosa che l'onorevole Gasparri dice di desiderare, invece.
Chi sei tu per giudicare? Una persona che ha avuto la fortuna di nascere
La Littizzetto, che sembra scimmiottare una delle frasi papali più pop e fraintesa, si chiede chi mai sarebbe lei per poter giudicare cosa provi una donna vittima di stupro o a rischio di partorire un figlio malato o troppo piccola per fare la mamma.
E invoca, per evitare malattie - almeno quelle sessualmente trasmissibili e gravidanze moleste, un bel piano di educazione sessuale e sentimentale a scuola. Sul che (soprattutto sul chi la farebbe e come) si potrebbe anche discutere.
Rimane il fatto che la sua difesa suona come l'Alleluja delle lampadine della parrocchia laicista: la 194 è di tutti, è un bene superiore, eccede la destra e la sinistra, riguarda le donne e il loro insindacabile volere. Non è mia, non è tua è bene comune. (Qua sforiamo addirittura in una bozza di dottrina sociale)
Se fosse interessata, davvero, a comprendere il volere delle madri potrebbe farsene un'idea più articolata e meno patetica di quella che ha dipinto a rapide e grossolane pennellate dal pulpito di Fazio.
Non è così incomprensibile, non sempre, che una mamma desideri essere aiutata a non abortire, a non pensare che quella sia la sola opzione rimastagli, che uccidere un figlio (sì, anche alla fase embrione) la lascerà uguale a prima.
Paola Bonzi, per esempio, lo chiedeva sempre alle donne, una ad una: come stai? cosa temi? di cosa vivi? sei sola? Hai bisogno? Se vuoi noi ci siamo.
Questo significa guardare la donna E il figlio come entrambi degni di rispetto e protezione.