Sono entrati nel centro lo scorso anno. Vista la sua situazione, Luis non poteva comunicare in modo corretto. Lo stesso centro, ma separati, dato che le condizioni cliniche di Luis impedivano che si trovassero nello stesso settore. I loro edifici erano separati da un giardino interno.
A Luis si spezzava il cuore per il fatto di non poter vedere la figlia. La psicologa del centro ha capito che la “medicina” migliore era trovare un modo per intavolare un contatto diretto con lei.
Nei 38 anni di vita di “Fani”, nata con la sindrome di Down, il padre ha sempre vissuto per sua figlia, impegnandosi al massimo per aiutarla e renderla una persona per quanto possibile indipendente e autonoma. Ora, però, per via della demenza è lui ad aver bisogno di lei. Non stare insieme e non poter comunicare gli stavano provocando una forte ansia.
L'angoscia di ogni giorno
“Quando gli assistenti portavano Fani a vedere suo padre ogni giorno, il momento del congedo era tragico. Il padre si alterava moltissimo. Non capiva perché si portassero via sua figlia. Per quanto assistenti e ausiliari cercassero di spiegargli che la figlia sarebbe andata a fare merenda o a svolgere attività con i suoi compagni, non c'era modo di farglielo capire”, raccontano al Centro Casaverde Villa de Catal, ad Alicante (Spagna).
Vanesa López Manchón è la psicologa della struttura. Sapeva che se avesse trovato un modo per tenerli in contatto sarebbe migliorata la qualità di vita di entrambi.
“Quando sono arrivati qui, per via della situazione di Luis, non era possibile che padre e figlia si ritrovassero nello stesso settore. Fortunatamente, Casaverde dispone di una zona per persone con disabilità, il che ha fatto sì che padre e figlia si possano vedere quando ne hanno bisogno”. I congedi traumatici quotidiani richiedevano però una soluzione.
Fani, il cuore di suo padre
“Mi sono resa conto che Luis conservava la capacità di leggere, e mi è venuto in mente che bisognava porre una nota che potesse leggere tutti i giorni per capire che la figlia era vicino. Gli ho scritto un biglietto, e ho pensato che tra tante finestre bisognava mettere un segno distintivo perché sapesse dov'era sua figlia”, racconta Vanesa.
Si è quindi cercato il modo di identificare la finestra dall'altro lato del cortile: “Visto che Fani è il cuore di suo padre, abbiamo pensato che un cuore potesse essere un buon segno distintivo. Quando si alzava la mattina, capiva che vivevano nello stesso edificio e che doveva solo affacciarsi alla finestra per vederla”.
E allora è stato messo un cuore rosso alla finestra di Estefanía. A Luis è stato posto un messaggio alla parete e un altro che diceva che se voleva vedere sua figlia doveva dirlo a un ausiliare del centro, che lo avrebbe comunicato a coloro che si prendono cura di Fani perché lei si affacciasse alla finestra della sua stanza.
Altri passi
A poco a poco ha funzionato. Il padre ha capito che lei andava con i compagni, o la vedeva giocare in giardino. “Il volto felice di Luis era una poesia”, dice Vanesa con un sorriso soddisfatto. “È stato meraviglioso perché può vederla quando vuole e ha bisogno di lei”.
“È stato così utile che ha rappresentato dei passi positivi. Il centro allora è andato avanti e si è iniziato a chiamare Luis per svolgere delle attività, anche di svago, e perché potesse stare con sua figlia. Luis è felice. Da allora si è avviato un processo estremamente benefico per entrambi perché escono, fanno delle escursioni... Ogni volta che si vedono sono molto felici perché si aiutano a vicenda”, riferisce la psicologa.
Successo sulle reti sociali
Il Centro Casaverde ha raccontato la vicenda sulle reti sociali perché crede che “queste storie con il cuore siano così belle che la gente debba sapere cosa accade in questi centri”.
Le risposte dicono tutto. Gli internauti sono così emozionati che la vicenda sta diventando virale, con grande orgoglio degli assistenti del centro. In strutture come questa si promuovono l'umanizzazione delle cure e la continuità del progetto di vita nel campo della diversità funzionale.